Bagdad è sull’orlo del baratro Vendetta sciita: uccisi 42 sunniti

L’eccidio compiuto da uomini in divisa che piazzano finti posti di blocco. Poi la risposta con due bombe in una moschea: 17 cadaveri. Il giorno prima altro attentato. Vacilla il piano di pace del premier al Maliki

Gian Micalessin

La riconciliazione può attendere. Anzi è gia morta, affogata nel sangue dei 42 civili sunniti massacrati ieri a Bagdad dalle squadre della morte sciite. Una strage subito vendicata dalle due bombe esplose - poche ore dopo - intorno alla moschea del quartiere sciita di Adhamiyah. La “risposta” del terrorismo sunnita ha ucciso almeno 17 persone portando a quota 59 il bilancio della nuova vampata di odio settario.
Il bagno di sangue rischia di vanificare gli sforzi del premier iracheno Nuri al Maliki e i suoi piani di riconciliazione nazionale. L’eccidio minaccia, inoltre, di ridar voce a quell’intergralismo sunnita blandito da Osama Bin Laden che nel suo ultimo messaggio invitava proprio a combattere gli sciiti. Le forze di sicurezza irachene hanno intanto catturato il numero due di quell’Esercito islamico responsabile, nell’agosto 2004, dell’uccisione del giornalista e pubblicitario italiano Enzo Baldoni. Ali Najim Abdullah, alias Abu Hozeifah, è stato arrestato in un villaggio della provincia di Hawija, a ovest del centro petrolifero curdo di Kirkuk.
Il nuovo eccidio settario inizia a metà mattina quando gruppi di uomini in divisa circondano con posti di blocco il quartiere di Jihad, nella zona occidentale della capitale. Qualcuno pensa a un’operazione di sicurezza. Jihad è a maggioranza sunnita e gli uomini in divisa sono forse a caccia d’insorti. Il quartiere sta, invece, per trasformarsi in un mattatoio a cielo aperto per soli sunniti.
«Fuori dalla moschea ho trovato i corpi di 10 uomini tutti uccisi con un colpo alla nuca dopo esser stati torturati», racconta lo sceicco Abdel Samad al Obeidi mostrando ai soccorritori i cadaveri abbandonati davanti all’edificio colpito - solo 48 ore prima - da un attentato costato la vita a tre fedeli. Poi lancia l’accusa che tutti a Jihad hanno sulle labbra. «È chiaro, gli autori di questa strage appartengono all’esercito del Mahdi», denuncia puntando il dito contro la milizia estremista guidata dal predicatore sciita Moqtada Sadr. Per molti testimoni l’incursione è stata favorita da alcuni responsabili delle forze di sicurezza. Militari e ufficiali sciiti regolarmente in servizio avrebbero utilizzato le proprie divise per organizzare i posti di blocco senza insospettire gli abitanti.
Secondo lo sceicco Al Obeidi, i commandos della polizia e i loro comandanti «hanno fatto finta di non vedere e non sapere». Sono diventati. Insomma, i cavalli di troia utilizzati per far entrare nel quartiere sunnita le bande assassine. «Quelli del Mahdi sono stati scortati all’ingresso di alcune case – raccontano dei testimoni - e mandati dentro con l’ordine di uccidere tutti».
Fakharia Hussein, una donna sciita residente nel quartiere, racconta di una telefonata dal figlio che le raccomandava di non rientrare perché era troppo pericoloso. «Aveva visto degli uomini mascherati entrare nella casa dei vicini sunniti, aveva sentito urla, pianti e spari». Un altro residente sciita, uscito dalla zona dopo l’inizio del massacro, racconta di essere stato fermato a un posto di blocco, di aver visto i cadaveri sull’asfalto. «Tu sei a posto, tu sei uno sciita di Karbala – mi ha detto il comandante –, tu puoi andartene tranquillo». Il massacro è terminato solo quando soldati statunitensi e truppe irachene sono entrati nel quartiere imponendo il coprifuoco.
La strage, senza precedenti, autobomba a parte, in un quartiere della capitale è il seguito dell’escalation di attentati contro moschee sciite e sunnite succedutisi nei giorni scorsi. Poche ore prima dell’eccidio, le truppe governative incaricate dal premier Al Maliki di metter fine al potere delle milizie, avevano condotto un raid contro le postazioni dell’esercito del Mahdi nel quartiere sciita di Kadhimiya uccidendo nove militanti.


Intanto altri quattro soldati americani sono stati accusati di aver violentato e poi ucciso, assieme ad almeno quattro familiari, una ragazzina quattordicenne nella città di Mahmoudia a sud di Bagdad. La nuova incriminazione porta a cinque il numero dei soldati americani incriminati per la strage del 12 marzo scorso.

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