Il ballo poi lo stupro Arrestato clandestino: era già stato espulso

«Non poteva vederlo come un orco. Piuttosto come un ragazzo molto simile a lei: erano in un locale pubblico, vengono dalla stessa città marocchina, Beni Mellal, hanno fatto amicizia rapidamente, senza problemi, lui all’apparenza era un tipo normale, cortese. Povera giovane! Dopo lo stupro era fuori di sé, molto provata».
Il vice questore aggiunto Francesca Fusto parla dell’ultimo episodio di violenza sessuale avvenuto in città, il 1° giugno. È infatti il dirigente del commissariato Mecenate la cui squadra di polizia giudiziaria l’altroieri ha catturato un marocchino di 28 anni, Mohamed E. Y., clandestino e pluripregiudicato per rapina e spaccio (vende droga al Corvetto, nella zona intorno a piazza Angilberto II) già espulso una volta dall’Italia e ora accusato anche di aver abusato di una sua connazionale, inducendola a seguirlo con l’inganno. Gli investigatori del commissariato hanno bloccato l’uomo a Legnano dove convive con due donne, una delle quali gli ha dato un figlio che ora ha un anno. Un balordo pericoloso, convinto di poter fare tutto quello che desidera spostandosi un po’ qua un po’ là per il Milanese a bordo di una Golf blu.
Proprio questa sua vettura è al centro di tutta la vicenda. Fatima (nome di fantasia), una 20enne marocchina che risiede e lavora in Veneto, arriva con un gruppo di amiche nel capoluogo lombardo approfittando del ponte del 2 giugno. La sera del 1° giugno le ragazze si recano tutte alla discoteca Karma (ex Borgo del tempo perso) di via Fabio Massimo, locale del Corvetto (ai confini con il comune di Nosedo) già frequentato da molti nordafricani. È lì che la giovane incontra Mohamed. Qualche scambio di parole, una presentazione, un giro in pista e poi le chiacchiere. «Devo al più presto comprarmi un’auto» confida Fatima al ragazzo. «Una macchina? Davvero? Volevo proprio vendere la mia! Ce l’ho qua fuori, va ancora molto bene: vieni che te la mostro, magari ci facciamo anche un giretto», ribatte Mohamed.
Fatima avverte le amiche e poi, fiduciosa e ingenua, segue quel suo connazionale. Saliti sulla fatidica Golf blu, però, Mohamed si trasforma. Conduce Fatima poco lontano dal parcheggio del Karma, nel parco Cassinis e lì, puntandole uno scalpello alla gola e minacciandola di morte, abusa di lei. Quindi le ruba i vestiti e la borsetta (con dentro il cellulare e il portafoglio) poi, sempre a bordo dell’auto, svanisce nella notte. Poco dopo, a fatica Fatima, in preda alla disperazione e seminuda, raggiunge la via Fabio Massimo dove viene vista da un camionista che lancia l’allarme.
Visitata alla clinica Mangiagalli, dove i medici accertano la violenza subita, la ragazza viene quindi portata al commissariato Mecenate dove, nonostante lo stato di prostrazione, collabora molto con gli investigatori. Descrive l’uomo minuziosamente, soffermandosi su un particolare singolare: indossava una catena d’oro lunga, a maglie larghe, con uno strano medaglione. I poliziotti risalgono a un balordo che un anno prima, sempre a bordo della sua Golf blu, aveva tentato di rapinare una marocchina e controllato in seguito insieme a un’altra connazionale residente a Legnano.

Fatima lo riconosce dall’album dei fermati e gli investigatori rinvengono la Golf blu del clandestino proprio a Legnano: non sapendo dove abita, lo aspettano un giorno intero accanto alla macchina prima di potergli mettere le manette, proprio mentre Mohamed sta per salire in auto. L’uomo indossa la catena con il vistoso medaglione e ha in casa il telefonino rubato a Fatima.

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