Roma - Qualche chiarimento in più, ma mancano ancora le cifre. Sindacati quasi soddisfatti. Giudizio sospeso dalle associazioni delle imprese, visto che all’incontro di ieri tra governo e parti sociali, nessuno ha ancora spiegato chi pagherà il conto dei nuovi sussidi.
Il ministro del Lavoro Elsa Fornero ha rassicurato le parti sui tempi. La riforma degli ammortizzatori sociali «non può partire prima dell’autunno 2013». In altre parole saranno confermati i sussidi di emergenza, come la cassa integrazione in deroga istituita dal governo Berlusconi. Poi, però arriverà la riforma.
La principale novità di ieri rispetto alle anticipazioni è che la cassa integrazione resterà in entrambe le versioni: la ordinaria, quella per gli stop della produzione. E anche la straordinaria, che serve alle aziende per sostenere i dipendenti in caso di ristrutturazioni o stati di crisi. Questa ultima forma sembrava destinata a scomparire per lasciare posto a un sussidio universale. A essere eliminata dovrebbe invece essere l’indennità di mobilità. Cioè l’ammortizzatore per i lavoratori licenziati al termine della cassa integrazione. Sarà assorbita dal nuovo sussidio, che Fornero non ha illustrato.
L’altra novità riguarda le cassa integrazione. La straordinaria verrà circoscritta. Limitata solo ai casi in cui il lavoratore venga poi effettivamente ripreso dall’azienda. Poi - e questo è l’annuncio più rilevante - entreranno nel regime della cassa integrazione le banche, le assicurazioni e il commercio sotto i 50 dipendenti. Difficile valutare la portata della novità. Per le banche significa avere uno strumento in più per risolvere gli stati di crisi. Per i piccoli, commercianti e artigiani, il rischio rimane quello di pagare contributi da grandi aziende industriali. Difficile capire quale direzione intenda prendere il governo fino a quando Fornero non darà anche le cifre. Ancora sconosciuti i requisiti e la durata dei nuovi ammortizzatori. Qualcosa in più potrebbe arrivare giovedì quando ci sarà il quinto incontro, dedicato alla flessibilità in uscita, quindi all’articolo 18. In ogni caso - assicurano fonti del governo - il principio guida dovrebbe essere quello secondo il quale i contributi si pagano sulla base dei bisogni dei singoli settori.
Bilancio più positivo per i sindacati. La rinuncia alla cancellazione della cassa integrazione straordinaria è il risultato delle proteste delle confederazioni, spiegava ieri una fonte sindacale. Resta la contrarietà della Cgil: «Usciamo dall’incontro con molti più interrogativi che certezze. C’è ancora molto lavoro da fare», sintetizza il leader Cgil, Susanna Camusso, delusa soprattutto perché il premier Mario Monti ha confermato la tabella di marcia. Sulla stessa linea Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti. «Vogliono dare una mano a tutti? Benissimo. Ma vogliamo sapere - è la richiesta del leader della Cisl - chi sono i tutti e dove il governo prende i soldi». «Non vogliamo una riforma che peggiori l’attuale sistema di protezioni. Fornero - ha spiegato il leader Uil - ha detto che i costi non aumenteranno per le imprese ma anche per lo Stato e questo è molto meno comprensibile».
L’incontro di ieri ha anche avuto una «coda» sui nuovi contratti. Fornero ha confermato che saranno incentivate le regolarizzazioni e le assunzioni, in particolare delle fasce in difficoltà. Giovani, donne, ma anche ultracinquantenni.
Da giovedì il tema diventerà la flessibilità in uscita, quindi l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. E ieri uno dei padri della norma che regola il reintegro dei licenziati senza giusta causa, lo storico Giuseppe Tamburrano, si è schierato per la modifica.
«Nelle intenzioni del legislatore - ricorda - la norma doveva modernizzare un regime semifeudale». Però oggi «non funziona. Ho anche offerto il mio aiuto a Camusso, ma è piena di remore, non può deflettere dalla linea dura».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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