Via al bando per gli incentivi Obbligatorio passare in banca

Stato e sistema creditizio partner nei finanziamenti alle imprese

Laura Verlicchi

Buone notizie per le imprese «a caccia» di incentivi. Nelle prossime settimane saranno infatti pubblicati i nuovi bandi per ottenere i finanziamenti previsti dalla legge 488, che dal ’92 è uno degli strumenti chiave per sostenere l’imprenditoria nelle aree più difficili del nostro Paese. Da quest’anno, però, ci sono importanti novità, a cominciare dalla partecipazione obbligatoria delle banche al finanziamento, che avvantaggiano l’imprenditore e rendono l’assistenza del professionista ancora più importante di quanto non avvenisse in passato. Un tema che approfondiamo con Giuseppe Ambrosecchia, consigliere nazionale dei Ragionieri commercialisti e presidente del gruppo di studio Finanziamenti, contributi e agevolazioni.
Legge 488, istruzioni per l’uso: da dove cominciare?
«È uno strumento che gli imprenditori conoscono bene, dato che in questi anni ha consentito di attivare nelle aree economicamente meno favorite del nostro Paese quasi 40mila iniziative da cui sono scaturiti circa 540mila posti di lavoro, grazie ad agevolazioni per oltre 20 miliardi. L’obiettivo è quello di favorire l’avvio e lo sviluppo di imprese di tutte le dimensioni, industriali, artigiane, turistiche, del commercio e dei servizi, mediante programmi di investimento aventi la durata massima di 48 mesi, ridotti a 24 per le imprese artigiane».
Attraverso quali iniziative?
«Può trattarsi della nascita di una nuova impresa, come della ristrutturazione o innovazione di una già esistente. Il decreto emanato il primo febbraio dal ministero delle Attività produttive introduce però nuovi criteri e modalità, coinvolgendo in maniera più ampia che in passato il sistema bancario. In pratica, Stato e banche diventano partner nel sostegno all’iniziativa e dovranno quindi assumere il 50% ciascuno del rischio».
In che modo?
«Agli incentivi tradizionali - contributo a fondo perduto - si affiancano ora obbligatoriamente un finanziamento agevolato, con tasso pari allo 0,5% annuo, in proporzione variabile a seconda del territorio e della durata del sostegno e un finanziamento bancario ordinario, a tasso di mercato, di importo e durata pari a quello del finanziamento agevolato, non inferiore al 15% del totale degli investimenti ammessi. Questo cambia significativamente il ruolo sia delle banche che dei professionisti economico-contabili».
Perché?
«Prima contava soprattutto il merito professionale dell’imprenditore: oggi entra in gioco il suo merito creditizio, ossia il rating, così come previsto dai principi di Basilea 2. La banca, infatti, dovendo coinvolgersi direttamente nella concessione del finanziamento, aprirà necessariamente una vera e propria istruttoria sull’impresa che richiede il credito. E per restringere il proprio margine di rischio, opererà prevedibilmente in modo assai più selettivo che in passato, il che potrebbe escludere dai finanziamenti aziende meritevoli di sostegno ma penalizzate dall’esposizione debitoria massiccia o dall’immobilizzazione dei capitali. Bisogna infatti tenere conto del fatto che i fondi destinati a questa iniziativa non sono inesauribili: quindi non tutte le imprese interessate possono effettivamente ottenere i finanziamenti. Ecco perché è decisivo il ruolo del professionista».
Qual è il suo compito?
«Come interfaccia tra i due soggetti - il cliente, cioè l’impresa, e la banca - il professionista deve giocare a tutto campo. L’obiettivo è quello di elaborare un vero e proprio piano d’impresa, che consenta all’azienda di accedere alla soluzione più adatta alle sue caratteristiche tra le opportunità offerte dalla legge. Ovvio che deve anzitutto conoscere perfettamente il quadro normativo, comprese le indicazioni della Regione di appartenenza a cui spetta l’individuazione delle attività prioritarie sul territorio.

Accanto a questo, deve diventare la guida finanziaria dell’imprenditore sotto tutti gli aspetti, dalla previsione economica fino all’individuazione dell’istituto e del finanziamento più adeguato per lui. Un percorso “personalizzato” che implica, per il professionista, la necessità di seguire il progetto fino in fondo, collaudo compreso».

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