"Basta bugie, quel farmaco è una intollerabile tortura"

Il ginecologo Antinori: "La RU486 alza il rischio di mortalità per le madri e aumenta i casi di infertibiltà. E' come un cappio al collo del feto e ci mette cinque giorni ad asfissiarlo"

"Basta bugie, quel farmaco è una intollerabile tortura"

«Basta con questa ipocrisia. Basta con le informazioni false. Smettiamola di dire che la pillola Ru486 aumenta la libertà della donna. Aumenta soltanto la sua libertà a farsi del male. L’intervento tradizionale, in sala chirurgica, è infinitamente più sicuro, oltre che più veloce».
Severino Antinori, ginecologo che non ha bisogno di presentazioni, presidente dell’Associazione mondiale di medicina riproduttiva, ma soprattutto uomo di grandi passioni, non ci sta proprio a ciò che ha sentito e che sente dire ogni giorno sulla pasticca abortiva. Ed è un fiume in piena, difficile da arginare.
Lei parla di informazioni false, professore.
«Chiamiamole con il loro vero nome, ovvero bugie».
Come vuole. Ci fa degli esempi?
«È innanzitutto una bugia diffondere l’illusione, magari nelle più giovani, che sia come bere un bicchiere d’acqua. Io ne avevo scritto già due anni fa, descrivendo gli effetti devastanti della Ru486, da indicibili nausee con vomito a pericolosissimi sanguinamenti, dal 30 per cento di possibilità di dover poi ricorrere a interventi di completamento dell’aborto a un rischio di infertilità del 15 per cento, da un’angoscia che dura cinque giorni al rischio di mortalità».
Mortalità?
«Certo. Ed è proprio quella ad averne ridotto moltissimo il ricorso in Paesi come Francia, o Australia, dove è quasi ormai vietata, per non dire della liberalissima Svezia. Ma in certi programmi tv o su certi giornali questo non lo dicono. Passa solo la “loro” verità, il mantra della sinistra».
Ma la Commissione del farmaco...
«Smettiamola di ritenerli infallibili. Non è sempre oro colato ciò che dicono. Anche perché non è sempre quello che pensano. C’è stato chi, tra di loro, aveva ammesso questa nocività universalmente nota della pillola. Poi però l’hanno approvata».
Anche il professor Umberto Veronesi si era espresso in termini positivi.
«Grandissimo oncologo, ci mancherebbe. Ma io questa materia la pratico e la studio da quarant’anni. E le ripeto che gli effetti della pillola sono devastanti per la donna e raccapriccianti per quel che succede al feto».
Ovvero che succede, professore?
«Ha presente un nodo scorsoio? L’effetto è esattamente quello di un cappio che si stringe attorno al collo di un esserino che ha già mani, gambe e braccia. Ma ci mette cinque giorni, ad asfissiarlo. Poi però la Chiesa mette sotto accusa me se utilizzo una cellula fecondata, rispettandola, per trasformarla in una nuova vita».
In effetti, il confronto non regge. Magari lei è mal visto oltre Tevere per via del suo conclamato libertarismo?
«Il mio problema non è tanto quello di essere un progressista, ma non uno di quelli della setta di Repubblica».
Che fa, professore, se le va a cercare?
«No, lancio un messaggio. Lo lancio ai miei colleghi, che so in tanti a pensarla come me. Lo lancio ai governatori del Piemonte e del Veneto che hanno fatto bene a sollevare un problema che è di corretta informazione e che riguarda il futuro del Paese, dato che nasceranno tanti italiani in meno. Anche padani. Lo lancio a due parlamentari come Daniela Santanchè e Melania Rizzoli, che ho sentito sensibili e attente, e a tutte le loro colleghe che vorranno seguirle a prescindere dagli schieramenti politici. E lo lancio anche al presidente Berlusconi per quanto riguarda la legge 194, quella sull’aborto».
Che cosa manda a dire al premier?
«Che non è un problema ideologico.

Che quella legge va rivista per il semplice motivo che così com’è non funziona. E non funziona perché sono i consultori a non funzionare. Pensa che a una ragazza che va lì a chiedere la pillola, loro si mettano a raccontare tutte le cose che io ho spiegato a lei?».

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