Battaglia sul collare elettronico «Sevizia». «No, protegge i cani»

RomaMondo cinofilo in subbuglio. È scontro tra associazioni ed enti che si occupano della difesa dei cani sul possibile utilizzo del collare elettrico. Un vero e proprio spauracchio, che purtroppo ancora molti addestratori in Italia usano per insegnare a Fido le «buone maniere» o per allenarlo nelle competizioni sportive. Ma gli amici a quattro zampe la traducono in una sadica punizione. Il collare, infatti, manda impulsi elettrici di intensità variabile al collo del cane quando questi non raggiunge i risultati voluti dall’addestratore.
A sollevare il caso sono state le reazioni a un comunicato del 6 aprile relativo all’audizione del presidente dell’Enci, Ente Nazionale della Cinofilia Italiana, presso la Commissione Affari Sociali della Camera. «Sulla possibilità di usare il collare elettrico - si legge in un passaggio - l’Enci ha richiesto l’istituzione di un tavolo tecnico di confronto, al fine di consentire l’assunzione di decisioni che poggino su reali dati scientifici e ha lanciato l’idea di effettuare appositi corsi per il giusto utilizzo dello strumento». Una frase che ottiene l’effetto di una bomba. Parlare di «giusto utilizzo» per la Federazione Italiana Sport Cinofili del Coni e per l’Apnec, Associazione Professionale Nazionale Educatori Cinofili, che insieme contano 12mila iscritti, soprattutto addestratori, è una vera e propria eresia. E lo stesso per i gruppi «anti-collare elettrico» che su Facebook parlano di «ignobile tortura». Contrario anche l’Enpa, Ente Nazionale Protezione Animali che chiede all’Enci l’immediato ritiro della proposta. «Si tratta di un dispositivo estremamente dannoso - fa presente l’Enpa - il cui uso è vietato non soltanto dalle normative internazionali ma anche dall’Italia, che ha recentemente ratificato la Convenzione di Strasburgo sulla protezione degli animali».
«L’uso è vietato anche da un’ordinanza del 5 luglio 2005 firmata dall’allora ministro della Salute Storace, e riconfermata più volte, l’ultima dal sottosegretario Francesca Martini nel 2009 - incalza Aldo Violet, vice presidente nazionale Apnec -. Queste chiariscono che collari elettrici e altri congegni atti a determinare scosse o impulsi elettrici sui cani causano sofferenza e possono provocare reazioni di aggressività negli animali stessi». Pertanto, chi utilizza questi strumenti, secondo il codice penale rischia fino a un anno di reclusione e fino a 15.000 euro di multa. «La legge purtroppo non vieta la produzione e la vendita ed è qui il problema - sottolinea Claudio Minoli, presidente Fisc - i nostri iscritti hanno un codice deontologico, ma molti addestratori continuano a usare questi collari e spesso arrivano ad interrompere la corrente solo quando i cani obbediscono ai loro comandi. Questi impulsi provocano danni enormi a livello endocrino e psicologico nell’animale. Chiediamo quindi che l’ordinanza Martini venga al più presto trasformata in legge e vieti anche la produzione e la vendita di questi strumenti». Una richiesta che ora anche l’Enci promette di sottoscrivere. «La sottoporrò al nostro consiglio - promette il presidente Francesco Balducci -. Ma le nostre parole sono state strumentalizzate. In merito alla richiesta di un confronto concernente i collari elettrici, precisiamo che la richiesta scaturisce solo dalla necessità di tutelare il cane».

«Facciamo fronte comune e dimostriamo che questo utilizzo provoca danni - conclude Balducci -. Nessun giudice, dati scientifici alla mano, potrà permettere ancora la produzione e la vendita dei collari. Anche perché se c’è qualcuno li produce, qualcuno li acquista».

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