Battiato: «Io al Lido? Per me è come vincere»

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Battiato: «Io al Lido? Per me è come vincere»

Anna Maria Greco

da Trieste

«Nel mio film ho scelto di far morire Beethoven non tra dolore, fetore e pidocchi, com’è avvenuto nella realtà, ma tra lenzuola bianche e pulite. È stato il mio omaggio al grande maestro». Franco Battiato parla della sua seconda esperienza cinematografica, Musikanten, che sarà presentata alla Mostra del Cinema di Venezia. E delle «piccole arbitrarietà» artistiche, anche cronologiche, che si è preso nel raccontare il personaggio.
Il musicista-regista catanese è a Trieste per esibirsi nella cerimonia per la seconda edizione del Premio giornalistico «Lucchetta», che sarà trasmessa questa sera alle 22.50 da Raiuno. E proprio nel capoluogo friulano gli arriva la notizia che il suo film sugli ultimi giorni di Beethoven andrà a Venezia. È felice, Battiato, e spiega che attribuisce una grande importanza a questo fatto. «Sono un neofita - dice - e mi fa piacere che il mio film vada alla Mostra del Cinema, perché vuol dire che è piaciuto. Il mio risultato l’ho raggiunto, non mi aspetto niente altro».
Alla serata organizzata dalla Rai con la Fondazione Lucchetta, Ota, D’Angelo, Hrovatin di Trieste per premiare operatori dell’informazione che hanno raccontato i drammi del mondo, a cominciare dalla guerra, Battiato che è ormai un’icona del pacifismo si esibisce in tre brani. In La porta dello spavento supremo lo accompagna il filosofo siciliano Manlio Sgalambro, con il quale collabora dal ’94. È con lui che ha scritto la sceneggiatura del primo film e ora del secondo. «Abbiamo voluto - racconta Battiato - materiale di prima mano e che cosa c’è di meglio degli epistolari per questo?».
Ecco la prima condizione per far nascere il film. La seconda era fissare «un tempo determinato, 45 minuti, per fare un distillato della vita di Beethoven». Per questo è stato necessario quel po’ di arbitrarietà. «Quando ho voluto inserire un aneddoto - spiega il regista cantautore -, che per me era importante per spiegare il carattere del grande musicista, l’ho fatto anche se è stato necessario qualche salto cronologico». Flashback, salti nel tempo, dunque. E per la colonna sonora una ricerca accurata. «Ho voluto evitare - dice Battiato - i luoghi comuni, i soliti temi ripetuti tante volte. E in particolare negli ultimi 40 secondi ho inserito un brano quasi sconosciuto». Musikanten viene dopo Perduto amor, che nel 2004 ha fatto vincere a Battiato il Nastro d’Argento come miglior regista italiano esordiente. Il film aveva «la macchina da presa come vera protagonista», secondo quanto dice lo stesso Battiato. E anche dopo quest’esperienza lui fa capire che lo muove la curiosità per lo strumento espressivo, insieme a un po’ di stanchezza almeno per le consuetudini del mondo della musica. «La pratica dei concerti - spiega - vorrei diradarla, fino quasi all’estinzione. Mi sono dedicato anche alla pittura, come terapia: ero un cane e sono diventato un cane che sa dipingere.

Ma ho scoperto che tenere in mano un pennello è più difficile che mettersi dietro la macchina da presa. Quando ho cominciato, mi è sembrato di averlo sempre fatto. La mia idea del cinema è “compositiva”, come per la musica».

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