
O beata solitudo, o sola beatitudo, recita un adagio in molti luoghi, non solo religiosi, anche se i conventi la fanno da padroni. Non per tutti è facile sperimentare l'invocazione latina per la quale la «beata solitudine» è la «sola beatitudine». Si sente parlare spesso di solitudine in senso negativo, ma sono gli anziani coloro sui quali si concentra la maggiore attenzione. In realtà a sentire la solitudine come una ferita sono anche giovani uomini e donne ultracinquantenni, ciò che fa pensare che non sia un solo tipo di solitudine quello che si può vivere, ma una tipologia variegata che colpisce persone diverse per ragioni molto differenti. In alcuni casi, poi, non così rari, la solitudine è un modo di vivere, più o meno scelto, ma che apre alla conoscenza e all'esperienza di altro, a volte anche dell'Altro.
Il libro a cura di Mauro Castiglioni, «Solitudini, da problema a opportunità» (Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo, 2025, 196 pp.), con la prefazione dell'arcivescovo di Milano, Mario Delpini, ha queste due principali virtù: parla di «solitudini», al plurale, senza mescolare tra di loro realtà che simili non sono. Si dedica ampiamente alla solitudine come problema, cogliendola là dove forse la aspetteremmo meno, degenerata in isolamento, fino all'essere soli da morire, così come testimoniato dalla cronaca, quando esseri umani vengono ritrovati morti dopo mesi, addirittura anni nei quali nessuno aveva chiesto di loro. Scrive il vescovo Delpini: «La casa diventa un appartamento, abitare cioè come appartarsi. La sicurezza è assicurata dalla separazione corazzata, che si vorrebbe inaccessibile. La tranquillità è il frutto dell'anonimato: mettere un numero su un citofono, per non essere disturbati».
Il testo si spalanca alla «solitudine filosofica», che ogni essere umano ha l'opportunità di sperimentare quando coglie l'unicità del proprio essere: avviene per la prima volta in adolescenza. Infine, offre un questionario molto accurato. La fascia d'età più presente va dai 50 ai 59 anni, seguita dalla fascia 40-49 ma come secondo macrogruppo ci sono giovani dai 15 ai 31 anni. Quel che balza all'occhio dei ricercatori Eugenio Bagnini ed Enrico Ubiali, è che la maggior parte dei maschi è giovane, mentre le donne hanno un'età superiore: «Possiamo ipotizzare che vi sia una correlazione tra sesso, età e "interesse" al tema della solitudine, con una tendenza che vede un maggior interesse verso questa da parte di donne mature e di adolescenti e giovani uomini o persone che non dichiarano il proprio orientamento». Inoltre, per il 95 per cento la società contemporanea soffre forme di solitudine, e per 2 persone su 3 ne soffre molto, con l'84 per cento convinto che le forme di solitudini siano gravi. In molti hanno un titolo di studio elevato.
C'è poi la solitudine controcorrente.
«Quello che per la sociologia è un problema per la filosofia si trasforma in un'opportunità» perché la filosofia apre la strada a ulteriori possibilità e ulteriori domande «che trovano le loro risposte in esistenze singolari, uniche ma non per questo trascurabili». Gli esempi di vita non mancano, per provare a trovare la solitudine beata.
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