Dopo la beffa con il Bayern Prandelli ha il via libera

Il giorno dopo l’immeritata eliminazione dalla Champions League (6 vittorie su 8 partite in questa edizione), Firenze s’interroga sul futuro della squadra che fa parte a pieno titolo del patrimonio cittadino. Due le domande: è finito il ciclo?, cosa vuole fare Prandelli? Dalla conferenza stampa di Corvino s’è capito che il progetto è legato a filo doppio con la creazione della cittadella viola («Dobbiamo autofinanziarci»), il budget degli stipendi non può superare i 40 milioni lordi («Altrimenti si va in malora») e il tecnico, al pari del direttore sportivo, è legato alla società con un contratto in scadenza nel giugno 2011 («Perché non dovrebbe tenere fede all’impegno?»). Se il pressing sul Comune può dare esiti positivi, la permanenza di Prandelli è appesa a un filo: per il 75% le percentuali si colorano d’azzurro o di bianconero, per il 25% di viola. E infatti, al di là delle belle parole di Corvino, si ha l’impressione che la società non abbia intenzione di prolungare il contratto all’allenatore, ma non voglia fare la prima mossa e attenda il messaggino liberatorio. Altrimenti non si spiegherebbe il motivo di rinviare a primavera inoltrata l’appuntamento fatidico. Di qui l’interesse verso i due allenatori che potrebbero prendere il posto di Cesare: l’uno è Allegri, l’altro è Del Neri, entrambi sotto contratto. Piace anche Mazzarri. E Mazzarri avrebbe fatto carte false, a suo tempo, per guidare la Fiorentina. Il tempo però è scaduto e l’ipotesi è irrealizzabile.
Prandelli potrebbe continuare la sua avventura solo a patto che le sue idee coincidano con quelle della società. E di Corvino. Basta con le promesse, ovvero con i campioncini di domani e dopodomani, tutti da formare, provare e far crescere. È arrivata l’ora di acquistare giocatori di provata esperienza per rinforzare tutti i reparti e migliorare un gruppo che ha dimostrato di sapere il fatto suo in Europa. A suo tempo Prandelli litigò di brutto in seguito alla cessione, poi rientrata, di Mutu alla Roma che faceva seguito a quella di Toni al Bayern Monaco. Nel corso dell’animata discussione minacciò perfino le dimissioni. A gennaio chiese inutilmente Giuseppe Rossi o Baptista per sostituire il romeno Mutu, trovato positivo per due volte all’antidoping. Gli fu proposto il prestito di Cassano che all’ultimo momento preferì starsene alla Sampdoria. In extremis arrivò dal Barcellona il brasiliano Keirrison, altra promessa. Figuratevi il malumore del tecnico che, già in estate, aveva criticato i mancati acquisti: «Come facciamo a correre in tre direzioni con una rosa così risicata?». Neanche a dirlo i fatti gli diedero ragione. In alcune circostanze Comotto dovette giocare centrale in difesa e Santana in mezzo al campo. Gilardino rimase senza controfigura. Tardivi gli arrivi a gennaio di Felipe e Bolatti. La fatica e gl’infortuni avevano già fatto abbastanza danni.


Che poi Prandelli, da convinto aziendalista, non abbia mai sbandierato in pubblico le sue idee, è un altro discorso. In queste ore s’è limitato a dire che lui «di giocatori ne ha chiesti tanti...». Probabilmente ne sono arrivati degli altri.

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