Il diabete di tipo 2, definito anche "mellito", è una malattia metabolica caratterizzata da iperglicemia, ossia un aumento della quantità degli zuccheri nel sangue. Esiste una salda connessione tra la sua insorgenza e l'insulina, l'ormone secreto dalle cellule beta del pancreas fondamentale per mantenere nella norma i livelli ematici di glucosio. L'iperglicemia può essere la conseguenza di due anomalie coesistenti nella maggior parte dei casi:
- la resistenza dei tessuti all'azione dell'insulina (insulino-resistenza);
- il progressivo e irreversibile declino delle cellule beta delle isole di Langerhans che non producono più insulina (deficit di secrezione di insulina).
Negli ultimi anni l'incidenza del diabete è aumentata in maniera esponenziale, in particolar modo nei Paesi industrializzati. Si stima che in Italia ne siano affetti ben 3 milioni e mezzo di individui. Per il 43% di pazienti la gestione della patologia è resa più complicata dall'agofobia, ovvero la paura degli aghi che si manifesta con ansia, attacchi di panico e somatizzazioni varie. Per aiutare gli agofobici a superare i loro timori, la diabetologa Laura Nollino ha stilato una serie di consigli pratici. Ne abbiamo parlato in questo articolo.
Le cause del diabete
Quasi sempre il diabete di tipo 2 è la conseguenza di stili di vita scorretti. Dunque è bene prestare attenzione a una serie di fattori alimentari e non:
- obesità;
- dieta ricca di zuccheri semplici;
- sedentarietà;
- ipertensione;
- livelli di colesterolo HDL uguali o inferiori a 35 mg/ml;
- livelli di trigliceridi uguali o superiori a 250 mg/ml.
Non devono poi essere sottovalutate altre condizioni importanti come la sindrome dell'ovaio policistico, l'iperglicemia gestazionale, l'età avanzata, la familiarità, l'appartenenza alla popolazione nera e ispanica. Recentemente gli scienziati del Cedars-Sinai hanno scoperto che le persone con livelli più elevati di un batterio intestinale chiamato Coprococcus avevano una maggiore sensibilità all'insulina. Al contrario, per i soggetti con livelli più elevati del batterio Flavonifractor, la sensibilità all'insulina era ridotta. Lo studio è stato pubblicato su Diabetes.
I sintomi e le conseguenze del diabete
Come già detto il diabete è caratterizzato da alterazioni insuliniche. Gli scienziati del Tokyo Institute of Technology sono giunti alla conclusione che la dopamina è in grado di regolare la secrezione dell'insulina attraverso un complesso eteromico di recettori. Se da una parte lo studio apre la strada in futuro alla realizzazione di nuovi bersagli terapeutici, dall'altra i diabetici potrebbero attualmente fare i conti con una serie di sintomi anche molto fastidiosi:
- poliuria (necessità di urinare spesso);
- polidipsia (bisogno di bere frequentemente);
- polifagia (appetito intenso);
- infezioni ricorrenti;
- visione offuscata;
- stanchezza;
- prurito;
- cefalea;
- lenta guarigione delle ferite;
- irritabilità.
A differenza del diabete di tipo 1, la sintomatogia del diabete mellito si instaura in maniera lenta e subdola. Se non trattata in maniera adeguata, sono purtroppo frequenti le complicanze: in primis il temuto come iperosmolare non chetosico e alcune patologie cardiovascolari, le neuropatie e le nefropatie.
Cosa sono gli ftalati
Gli ftalati sono sostanze chimiche organiche derivate dal petrolio utilizzate come solventi e agenti plastificanti. Esistono diverse tipologie: ftalato di ottile, diisononile, diisodecil, dibutile, butilbenzene. Inodori e dalla consistenza liquida, si trovano in numerosi oggetti di uso quotidiano:
- smalti per unghie;
- creme per il viso e per il corpo;
- profumi;
- shampoo;
- borse;
- giocattoli;
- pesticidi;
- materiali per l'imballaggio;
- vernici;
- contenitori per gli alimenti.
A partire dal 2003 una serie di analisi hanno confermato l'ipotesi secondo cui gli ftalati si comportano come interferenti endocrini, ovvero sostanze in grado di interagire negativamente con il sistema riproduttivo. Secondo una ricerca pubblicata su The Journal of allergy and clinical immunology e condotta da Tobias Polte, immunologo ambientale dell'Università Hemholtz (Germania), gli ftalati interferiscono anche con il sistema immunitario e possono aumentare il rischio di sviluppare allergie.
Ma non è tutto. Nel 2020 gli scienziati del Centre National De La Reserche Scientifique (CNRS), con uno studio pubblicato su Journal of Neurology Neurosurgery & Psychiatry, hanno ipotizzato che gli stessi potrebbero avere un ruolo nell'insorgenza della demenza a corpi di Lewy. Quest'ultima, diagnosticata soprattutto agli individui con più di 65 anni, è una malattia neurodegenerativa dell'encefalo caratterizzata da un progressivo declino delle facoltà cognitive.
Il diabete e gli ftalati
Secondo i ricercatori della University of Michigan School of Public Health, gli ftalati aumentano il rischio di soffrire di diabete nelle donne, in particolare bianche. Lo studio è stato pubblicato su Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism. Il team, guidato dal dottor Sung Kyun Park, ha esaminato 1.308 soggetti di sesso femminile dello Study of Women's Health Across the Nation (SWAN). L'indagine, della durata di sei anni, era finalizzata a comprendere la connessione tra esposizione agli ftalati e insorgenza dell'iperglicemia.
Dalla ricerca è emerso che il 5% delle partecipanti ha sviluppato il diabete nell'arco temporale preso in considerazione. Le stesse avevano concentrazioni di ftlati nelle urine simili a quelle delle donne di mezza età statunitensi nei primi anni 2000, quando vennero raccolti i primi campioni.
Gli scienziati sono così giunti alla conclusione che le donne bianche esposte ad alti livelli di alcuni ftalati avevano una probabilità maggiore del 30-63% di incorrere nel diabete. Ora sono necessarie ulteriori analisi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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