Vitamina D e integratori: quando l'assunzione è inutile o potenzialmente pericolosa

Diversi studi hanno dimostrato che l'assunzione indiscriminata di integratori di vitamina D è inutile e potenzialmente pericolosa. Ecco in quali casi è meglio evitarli e soprattutto quale è l'iter per iniziare una cura con gli integratori secondo il parere degli esperti.

Vitamina D e integratori: quando l'assunzione è inutile o potenzialmente pericolosa

Con il termine vitamina D si indica un gruppo di secosteroidi liposolubili, ovvero pro ormoni che si sciolgono nei grassi. Cinque sono i suoi composti, anche se nell'uomo i più importanti sono la vitamina D2 (ergocalciferolo) e la vitamina D3 (colecalciferolo). Buoni livelli della stessa nel sangue sono indispensabili per il corretto funzionamento dell'organismo. Essa infatti favorisce:

  • L'assorbimento del calcio;
  • La deposizione del calcio nelle ossa;
  • Il riassorbimento renale del calcio;
  • Il mantenimento del trofismo cartilagineo.

Per fare il pieno di vitamina D basta esporsi al sole. Infatti la produzione del colecalciferolo avviene partendo dal colesterolo mediante una reazione chimica che si innesca con l'irradiazione UVB. La dieta, seppur in misura minore, è importante. Sono buone fonti il pesce, il fegato e il tuorlo d'uovo.

La carenza di vitamina D

Secondo l'università di Harvard a livello mondiale circa un miliardo di persone è carente di vitamina D. Numerose le cause: inadeguata esposizione solare, insufficiente apporto alimentare, aumento del suo fabbisogno, presenza di malattie epatiche e renali, assunzione di determinati farmaci (anticonvulsionanti, antivirali, glucocorticoidi).

Non devono essere sottovalutati, altresì, i fattori di rischio come l'obesità, il fumo di sigaretta, l'età avanzata, l'allattamento al seno. Ancora l'alcolismo, la celiachia, i tumori del sangue, la fibrosi cistica e la pancreatite cronica. I sintomi dell'ipovitaminosi sono facilmente riconoscibili e includono:

  • Dolori ossei e articolari;
  • Debolezza muscolare;
  • Deformazione delle ossa nei giovani;
  • Rottura delle ossa negli adulti;
  • Fascicolazioni;
  • Stanchezza cronica;
  • Difficoltà di concentrazione.

La carenza non solo compromette la mineralizzazione ossea, ma è anche associata ad un incremento non trascurabile dei disturbi cardiovascolari e della predisposizione a varie patologie, come diabete, dislipidemie e sindrome metabolica.

Gli integratori di vitamina D

Le linee guida riguardanti le dosi ottimali della vitamina D variano da paese a paese. In Italia la prescrizione a carico del SSN dei farmaci per la prevenzione e per il trattamento dell'ipovitaminosi negli adulti è regolamentata attraverso una nota dell'Aifa pubblicata sulla Gazzatta Ufficiale nel 2019 e successivamente aggiornata nel 2023 sulla base delle nuove evidenze scientifiche.

L'Aifa, come abbiamo sottolineato in questo articolo, ha stabilito differenti livelli di soglia per iniziare un'eventuale terapia in soggetti asintomatici e sani, in presenza di sintomi o di altre condizioni come l'osteoporosi e la gravidanza.

L'uso indiscriminato degli integratori

Secondo uno studio, più di un terzo degli over 60 negli Stati Uniti assume integratori di vitamina D. Secondo il progetto VITAL, il più vasto e importante trial dedicato fino ad ora all'analisi delle conseguenze della somministrazione della stessa (circa 26mila partecipanti over 50 con un follow-up di vari anni), non si è riscontrato nessun effetto della vitamina D nella prevenzione del cancro, delle fratture ossee, delle malattie cardiovascolari e di altri disturbi.

«Quindi gli integratori, soprattutto se autosomministrati e non scelti accuratamente - spiega Francesca Michelacci, nutrizionista del Centro Medico Santagostino - potrebbero essere poco utili. L'Aifa nella nota di aggiornamento ha focalizzato la sua attenzione sulla ipercalcemia, ma è stato ritenuto un evento poco frequente e quindi non rischioso. I dati scientifici non destano un allarme immediato, ma oltre certe dosi aumenta la probabilità di eventi avversi».

L'approccio più fisiologico della supplementazione vitaminica è quello della somministrazione giornaliera. Una volta raggiunti i livelli desiderati, vanno valutati schemi di somministrazione per il mantenimento, eventualmente intervallati con una pausa estiva. Si deve preferire il colecalciferolo perché è la forma di vitamina D ad alta tollerabilità e con un maggior profilo di sicurezza.

I consigli della nutrizionista

Secondo Michelacci per avere una produzione efficiente di vitamina D a livello cutaneo ci si dovrebbe esporre al sole per almeno trenta minuti al giorno, preferibilmente nelle ore centrali della mattina. Bisogna sottolineare che i fototipi scuri ne producono meno e che le lozioni solari interferiscono in maniera negativa. La capacità di sintesi, inoltre, si riduce di molto con l'avanzare dell'età.

Dalla dieta si può ricavare solo un piccolo aiuto. Le principali fonti alimentari includono: l'olio di fegato di merluzzo, le ostriche, i gamberi, i pesci grassi (sgombro, aringhe, tonno, salmone), il tuorlo d'uovo. Ancora i funghi, il fegato, i formaggi grassi, il burro, il latte e i cereali.

L'unico modo per verificare un'eventuale carenza è il prelievo del sangue. Conclude la nutrizionista: «Evitare il fai da te quando si tratta della salute è sempre fondamentale.

Consiglio quindi un prelievo e una discussione con il proprio medico prima di prendere qualunque decisione su integratori o simili. Anche perché una ipovitaminosi può in alcuni casi rivelare la presenza di condizioni sottostanti che possono influenzarne il metabolismo o l'assorbimento. Si pensi, ad esempio, alla celiachia».

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