Kenneth Branagh spostò l'azione nelle trincee della Grande Guerra e trasforma il serpente della prima scena in una granata altrettanto micidiale. Ingmar Bergman con una lettura quanto mai fedele dal punto di vista filologico utilizzò «macchine teatrali» settecentesche per meglio calarsi nel linguaggio del tempo. In mezzo templi egizi e riti d'iniziazioni massoniche, ma anche scene e costumi fummettistici e persino, evento piuttosto raro, un Tamino principe cinese, com'era stato inizialmente pensato dai suoi autori. Insomma poche opere come il «Flauto Magico» possono essere lette e rilette nelle più diverse chiavi, senza stravolgere il disegno di Wolfgang Amadeus Mozart.
E ora tocca al regista sudafricano William Kentridge raccontare alla Scala le avventure di Tamino, incaricato dalla Regina della Notte di liberare la figlia Tamina dal perfido Sarastro. Che riesca poi a ricreare il mondo incantato sognato da Mozart, lo dirà come sempre il pubblico che avrà la possibilità di vedere questo nuovo «Flauto», raccontato dal 20 marzo al 3 aprile alla Scala. Kentridge ha spostato l'azione verso la fine dell'Ottocento, o almeno questo appare dai costumi coloniali disegnati da Greta Goiris. Il regista sudafricano muove poi i personaggi in uno spazio scenico, creato da Sabine Theunissen, realizzato come una camera oscura dove l'immaginifico e simbolico universo dell'ultimo capolavoro di Mozart è evocato da videoproiezioni e disegni luminosi.
Come sempre poi nell'evoluzione della storia, Tamino scopre come la realtà sia esattamente contraria, si allea con il Gran Maestro, scopre la saggezza e sposa la sua amata. Il suo scudiero Papageno non vuole percorrere il sentiero della conoscenza, troppo faticoso per lui, ma viene ugualmente premiato con una splendida Papagena. Perché per Mozart la perfezione sta nell'unione di un uomo e una donna. Opera massonica dunque ma inserita una sorta di fiaba con Principi, Strumenti Magici, Regine, Guerrieri, Amore.
Tanto che nella rappresentazione di Salisburgo del 2006 per i 250 della nascita del compositore, il regista Pierre Audi l'ha posta su un piano di puro intrattenimento, senza tradire la storia. I costumi coloratissimi, montagne pezzate di bianco e nero come mucche, Papageno sull'automobilina di Paperino e i tre genietti travestiti da «Piccolo Principe». E poi fuochi d'artificio e clownerie da circo. Ideale per bambini. Di tutte le età. Lo stesso anno era uscito nelle sale il film di Branagh, ambientato in una guerra tra Blu e Rossi, con Sarastro ufficiale medico e le tre dame crocerossine. E se Papageno cattura gli uccelli per verificare la presenza di gas nelle trincee, la Regina della notte avanza su un carro armato. E ne era risultata ugualmente una lettura corretta.
Come era perfettamente in linea con il testo la versione che nel 2000 allestì per il teatro di Zurigo Jonathan Miller. L'ambientazione è in perfetto Settecento illuminista con tanto di quinta fatta da una grande biblioteca, la conoscenza, e tempio egizio, forte segno massonico, al centro. Non manca nulla insomma e le prove sono esattamente quelle del silenzio, dell'acqua e del fuoco. E alla fine tutti i protagonisti indossano il tricolore francese e il berretto frigio.
Altro salto temporale, 1975, altra lettura ugualmente corretta da parte dello svedese Ingmar Bergman che si siede tra il pubblico del teatro a fianco della sua musa Liv Ullmann per guardarsi una regia come l'avrebbe immaginata un contemporaneo di Mozart. Il film fu portato alle stelle sia dai critici cinematografici che dai musicofili. Scrisse Piero Dallamano «Il film è la fedele, completa trasposizione dell'opera tanto da poter sostituire la realtà di una rappresentazione teatrale del Flauto magico con ugual diritto e maggiore corposità di un'edizione discografica». Bergman utilizza trucchi puramente teatrali che crea avvalendosi della tecnica cinematografica e la scenografia, con il suo gioco di luci e ombre, riesce a creare un'atmosfera più intensa di quella teatrale. Le frasi sono spesso evidenziate dai personaggi che fanno vedere agli spettatori i sottotitoli scritti su dei grandi cartelli di legno.
Ora la parola passa a William Kentridge, artista noto a livello mondiale per i suoi particolarissimi video di animazione, per la prima volta alla Scala con il suo «Flauto» con un allestimento creato nel giugno 2006 al Théâtre Royal de la Monnaie di Bruxelles, ora in co-produzione con il San Carlo di Napoli, l'Opéra di Lille e il Théâtre di Caen.
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