«Berlin», un’attesa lunga trent’anni

«Potrete raccontare ai vostri figli di aver visto Berlin di Lou Reed». Parole dell’artista newyorkese, che domani presenta dal vivo all’Auditorium, per la prima volta dopo trent’anni, il suo storico album Berlin. Un appuntamento che sa di evento irripetibile, per la complessità dell’allestimento e perché lo stesso Reed ha precisato che lo fa «solo una volta ogni 30 anni». Lo storico leader dei Velvet Underground sarà in scena con la sua band (il tastierista Rupert Christie, il chitarrista Steve Hunter, i bassisti Fernando Saunders e Rob Wasserman, il batterista Tony Smith e la cantante Sharon Jones), con una sezione di archi e fiati e con un coro di bambini, il New London Children’s Choir. Prodotto da Bob Ezrin, storico collaboratore dei Pink Floyd nonché produttore originale dell’album, e da Hal Willner, lo spettacolo si avvale della regia di Julian Schnabel, celebre artista americano, regista e sceneggiatore di Basquiat. Di Schnabel è anche la scenografia del concerto.
Quando uscì, nel 1973, Berlin fu scioccante sia per la critica sia per i fan.

Lou Reed aveva appena ottenuto un grande successo commerciale con l’album Transformer e con il celebre singolo Walk on the wild side, ma piuttosto che scrivere un disco che consolidasse la sua reputazione di innovatore glam-rock (Transformer era prodotto da David Bowie, re del glam britannico), Reed si immerse in un progetto estremamente ambizioso, emozionalmente denso, psicologicamente estenuante e completamente coinvolgente, un concept album oscuro che parlava di tormentate dipendenze d’amore che portano alla deriva, di cuori spezzati che descrivevano la propria caduta nei sobborghi di una città divisa. Il pubblico dell’Auditorium potrà ascoltare la fedele riproposizione dell’intero album. I bis saranno riservati ad alcuni classici della produzione di Lou Reed.

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