da Berlino
Non c'era altro da aggiungere, già dopo i primi dieci minuti, ieri alla conferenza stampa del 57esimo Festival del Cinema di Berlino. E invece lo spettacolo si è protratto per oltre un'ora tra le solite battute del direttore Dieter Kosslick e la sua corte di fedeli, dal Panorama al Talent Campus. Ma per Kosslick appunto si tratta sempre di un'udienza annuale con la stampa berlinese e qualche corrispondente dall'estero. I film e le star presenti si sanno da due settimane: fuori concorso quello di Clint Eastwood, Letters from Iwo Jima. In concorso The Good German di Steven Soderbergh (con George Clooney e Cate Blanchet) ed è già un primato se nella storia del cinema un tedesco è definito «buono». Sarà perché il film è ambientato nella Guerra Fredda e i cattivi nazisti non c'erano più. E i «good» nel concorso continuano: The Good Shepherd di Robert De Niro con Matt Damon, Angelina Jolie e Alec Baldwin e Goodbye Befana di Bille August con Joseph Fiennes e Diane Kruger.
L'Italia ha un solo film in competizione, In memoria di me di Saverio Costanzo, non ricordato dal direttore tra i film presenti, preferendo menzionare i più sicuri Fratelli Taviani, nel Berlinale Special con il film La masseria delle allodole. Una storia di sopravvivenza familiare ambientata nel 1915, quando i turchi in guerra, decisero l'eliminazione delle minoranze armene. Il film è tratto dall'omonimo romanzo della scrittrice Antonia Arslan sicura fonte di polemiche da Festival - per questo non è in concorso - visto che quella turca in Germania è la seconda popolazione residente. E neanche le uniche due novità di questa edizione, ovvero il festival dei cortometraggi e Generation sezione per adolescenti, hanno salvato le sorti di una conferenza stampa carente di novità.
E si sapeva anche che la Berlinale non naviga in buone acque finanziarie, o meglio che il governo democristiano ha ridotto i fondi al festival socialdemocratico del venti per cento. È la crisi economica...
E quando a Kosslick è stato imposto di parlare degli sponsor - che dimentica sempre di ringraziare - chi ricordava la sua solita sciarpetta rossa ha avuto l'unica sorpresa: adesso è in viola scarlatto. E non perché il suo chiodo fisso Berlusconi non è più al governo e lui sereno ammaina la bandiera. Attenda il politicamente corretto perché Hugo Boss, lo sponsor, non trova più il rosso di moda.
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