Bersani fa un nuovo mestiere: il tappetaro

RomaIn un partito nel quale l’astinenza è un problema assai serio, ora tutti stravedono per il segretario. Lo blandiscono, lo lodano, gli dicono sempre di sì. Pare, persino, che lo ascoltino. Basta che San Bersani porti a casa il risultato, venda la merce, li riporti tutti in sella. Così lui, il leader che sembrava l’oltretomba del Pd, ha riacquistato il sorriso e sembra un’altra persona. Il cambio di passo non è sfuggito, complice l’autocaricatura che ha fatto di Crozza Bersani e di Bersani Crozza. Ormai in pochi comprendono quando parla l’uno e quando parla l’altro.
Ma il segretario del Pd ha capito che di mille debolezze si può fare una forza. E questa del gioco degli specchi è una grande opportunità, tanto la gente non segue, non ricorda, non sottilizza. Occorre ogni tanto farla divertire; rende sparigliare, essere fantasiosi. Se a tutti piace il Bersani del cabaret, Pier Luigi ora non maschera il ruolo che deve avere il segretario di un partito dove ogni angolo ha una richiesta, ogni bancarella un tranello, ogni anfratto un coltello. Benvenuti al suk del Pd, dove vige un precetto tutto sommato semplice: a ciascuno il suo. Ai referendari acqua pubblica e antinuclearismo, ai vendoliani la speranza, ai manettari le manette, ai casinisti il centro ingolfato, ai rutelliani poltrone a rotelle, ai terzopolisti un altro polo, ai leghisti il federalismo. Non si nega niente a nessuno e ognuno può trarre vantaggio dall’ultimo grido in fatto di strategia. Ognuno può pensare di andare al massimo, ognuno può vedere la propria immagine riflessa nello stagno come la più bella. Tutti tranne uno, per ora: Gianfranco Fini. Anatroccolo solitario, anche nel suk gestito da Bersani per ora conta come il due di picche.
L’esempio all’ordine del giorno è quello della proposta di legge elettorale piddina, che sembra fatta apposta per far leccare i baffetti a Maroni, in attesa che s’ingolosisca Bossi. La veemenza con la quale il segretario ha rigettato l’altro giorno i sospetti di un «aggancino» con la Lega è stata letta dai più come un’excusatio non petita. Le prudenti ambascerie di Luciano Violante («io coi leghisti parlo solo del tempo», s’è difeso l’ex presidente della Camera) non sono passate inosservate. E i cronisti si sono acconciati sulla smentita del segretario: «Maroni? L’ho visto per due minuti alla parata del 2 giugno». Palesemente sfugge la validità del mezzo telefonico, sia pure intercettato. Oppure si tralascia che chi ha steso materialmente il testo «all’ungherese», cioè l’ex Ppi bellunese Giandomenico Bressa, intrattiene da sempre buoni rapporti con il mondo leghista. Fatto sta che la bozza gioiosamente approvata dall’intero quartier generale del Pd era già a conoscenza del ministro Maroni e non avrebbe avuto senso gettare in campo un tema del genere se non come «esca» post-referendum, valida in caso di vittoria. E difatti Bossi ha già confidato ai suoi che solo «dopo» (il 19 giugno a Pontida, forse) si saprà di che vita vivrà il Carroccio. Con un governo indebolito, il tappeto rosso di Bersani potrebbe fare bella figura in Parlamento e preparare la strada alle prossime elezioni (anticipate o non).
Ma se la «politica del sorriso» di Pier Luigi va a trentadue denti, il Terzo(to)polino non ancora si fida. Pierferdy Casini, grande esperienza nel settore televendita, vuole «vedere cammello» prima di salire sulla gioiosa macchina. Ancora più ferrato nella materia è Francesco Rutelli, ma un po’ irritato perché nessuno gli aveva detto niente. «L’Ungheria ha un governo catastrofico...», ha esclamato, tanto per inaugurare le trattative. Prontamente lo staff pidino ha ribattezzato la proposta «all’ungherese» (termine finora diffuso soltanto nei sexy shop) con il più casereccio Bersanellum, indignandosi come un sol uomo (Bersani e Bindi): «Macché ungherese, macché turco, è italiano!». Più del prosciutto di Parma, il cervellotico modello elettorale del Pd mette in campo un marchio d’origine «protetta». Brevetto padano, evidentemente, visto che pure il mantovano Bruno Tabacci s’è dichiarato «milanese doc», pur di guadagnare il bilancio del sindaco Pisapia.

Si tratta di «acquisti in prova» che mirano a esporre presto un campionario d’eccezione. Dal russo antico ferrero al punto a croce casini, dalla morbidezza vendola alla ruvida dipietro, fino a grana rutelli, speciale per i tappeti multistagione. Offerta speciale, Fini in omaggio a un euro.

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