Biella, la compravendita dei voti che ha regalato il posto al sindaco

da Milano

Il curriculum è quello che è ma il candidato non ha dubbi: quel posto di lavoro, pubblico che più pubblico non si può, gli spetta. E lo dice senza tanti giri di parole ai suoi interlocutori: Giuseppe Rasolo, segretario del sindaco, e Roberto Garoglio, funzionario del Cordar, un consorzio partecipato da 53 comuni del Biellese. «Che contratto mi fanno questa volta?», chiede serafico, come fosse la cosa più ovvia del mondo, Roberto Ippolito. Ippolito i suoi meriti se li è conquistati sul campo di battaglia elettorale: «Chieda informazioni. Chieda informazioni al signor Barazzotto, visto che gli ho fatto i favori a lui: gli ho fatto la sua campagna, l’ho messo dov’è adesso». Ovvero, in municipio. Ecco la chiave di violino di questa storia di provincia: l’assunzione in cambio di un gruzzolo di voti preziosissimi.
I maneggi, le raccomandazioni, pacchetti di consensi all’asta. Il tutto visto dalla fessura di alcune conversazioni registrate di nascosto. È l’estate del 2004 e Biella, città ricca e conservatrice, è appena slittata a sinistra. A sorpresa il centrosinistra, che si preparava a sloggiare dopo dieci anni dal palazzo del Comune, ha vinto al ballottaggio una partita difficilissima. L’abilità, la fortuna e gli sciagurati errori degli avversari - che si sono presentati divisi al primo turno - hanno capovolto il risultato. Vittorio Barazzotto, Margherita, ha strappato sul filo di lana il 50,55 per cento dei consensi e ora Ippolito, membro di una delle famiglie più influenti al Villaggio Lamarmora, batte i pugni sul tavolo: «Ho fatto l’impossibile per quel signore lì - insiste con Garoglio, premurandosi di “captare” segretamente la conversazione - nessuno, neanche suo figlio avrebbe fatto tanto».
Forse, Ippolito esagera, ma i signori di Biella qualcosa gli devono se Garoglio, invece di mandarlo a quel paese, si fa in quattro e si lascia sfuggire queste parole: «Lei adesso se ha occasione, dica a Barazzotto che stia tranquillo, che ha parlato con me, d’accordo? La sistemiamo. D’accordo».
In realtà, Ippolito è già stato sistemato una prima volta: anche nel profondo Nord ogni mezzo è buono per rastrellare consensi e per catturare un pugno di voti. È successo, attenzione alle date, guardacaso nei giorni delle elezioni: anzi, ad essere precisi, due giorni due prima del ballottaggio. Il 25 giugno 2004, col centrosinistra ventre a terra per rimontare lo svantaggio e non perdere le leve del potere, Ippolito è stato assunto, nientemeno, alla Seab (Società ecologica area biellese Spa), insomma, è stato paracadutato nella società che si occupa dello smaltimento dei rifiuti ed è compartecipata da tutti i comuni della provincia, in testa il capoluogo.
Come mai questa assunzione? Qualcosa, e forse anche più di qualcosa, si capisce dalle conversazioni registrate due mesi dopo, quando l’incontentabile raccomandato, un caratteraccio, litiga e viene licenziato. Ippolito, forte della sua dote elettorale, non si dà per vinto ma comincia a girare col suo registratore carambolando fra sindaco, segretario del primo cittadino, assessori, potenti funzionari locali. E a tutti chiede una sola cosa: un altro posto di lavoro, naturalmente nella grande mangiatoia pubblica.
Le conversazioni, ora in possesso del Giornale, vanno lette e decifrate con cautela, com’è normale in questi casi: l’equivoco è sempre in agguato. Ma quel che affiora retrospettivamente la dice lunga sul sistema di potere che si è messo in moto nei giorni frenetici delle elezioni. E la mossa si è rivelata vincente perché nei seggi in cui la famiglia Ippolito esercita la sua influenza, Barazzotto ha fatto incetta di consensi e ha messo insieme ben più dei 265 voti che alla fine misurano lo scarto, il divario fra lui e il candidato dell’opposizione Gabriele Mello Rella.
In un primo colloquio, Ippolito incontra il segretario del sindaco Giuseppe Rasolo. I toni sono espliciti. Rasolo: «Non facciamo errori questa volta, eh?», dice mettendo le mani avanti nella speranza di evitare nuove grane. Ippolito, sempre molto sicuro di sé, chiede spiegazioni come se l’assunzione fosse un menu alla carta: «Che contratto di lavoro mi fanno stavolta? Sempre di prova un giorno?» «È ovvio - spiega paziente Rasolo - che la prova la devono fare se entra lì...». «Poi - prosegue il funzionario - sarà un contratto a tempo determinato. Gli ho detto di farmi un favore a livello personale, quindi neanche più il sindaco, c’entro io questa volta, però la stritolo eh se perde questo posto di lavoro». Dunque, Ippolito ha avuto il posto in Seab grazie a Barazzotto, ora per piazzarlo al Cordar entra in gioco Rasolo.
Ecco, quindi come si entra in un ente pubblico nella ricca Biella. Ippolito arriva a destinazione, nell’ufficio di Garoglio, al Cordar. Il funzionario cerca di capire: «Lei, lei cosa... cosa sa fare?» «Io praticamente ho lavorato al lanificio Angelico». «Uh», esclama Garoglio. «Dove - riprende volonteroso Ippolito - ho caricato e scaricato camion, rimessaggio». I due discutono. Garoglio fa la sua offerta: «Quindi io per adesso potrei fare un contratto a termine». «Va bene». «Facciamo tre mesi. Poi in questo periodo vediamo se lei è contento del lavoro che noi le possiamo offrire e se l’azienda ovviamente è contenta di lei». Garoglio però vuole capire meglio: come mai Ippolito è stato licenziato dalla Seab? «Mi scusi, con qualche motivazione?» «Uno - replica Ippolito - perché m’hanno morso delle vespe e a loro non andava bene; mi sono trovato lì con la febbre, potevo essere un pericolo per la ditta. Siccome c’è un ragazzo che è allergico».
Balbettii. Spiegazioni che non spiegano. Ma una seconda chance non si può negare. «Ho quasi rischiato che mi arrestassero i carabinieri a far campagna - è la rivendicazione di Ippolito - perché non si può più far propaganda, quel sabato, ho fatto tutto a convertire due o tremila persone». Garoglio si cautela a sua volta: «Lei adesso, se ha occasione, dica a Barazzotto che stia tranquillo, che ha parlato con me, d’accordo? La sistemiamo. D’accordo?» Infine, l’offerta: «C’è un contratto per adesso per 3 mesi che, se tutto va bene, no?, se tutto va bene, se non ci sono problemi, lo faccio poi diventare fisso».

«Allora - chiude il discorso Ippolito - va bene».
Così l’uomo che ha spostato sul centrosinistra i «suoi» voti si vede premiare per la seconda volta in poche settimane dalla macchina comunale. Ma rifiuterà, perché troverà un’altra soluzione più conveniente.

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