Nel giugno del 2001 il Nepal attirò l’attenzione mondiale a causa di un drammatico fatto di cronaca ancora adesso oggetto di dibattito: la famiglia reale fu quasi completamente sterminata durante un banchetto. La responsabilità ricadde sull’erede al trono, che finì in coma e morì poco dopo il massacro, senza poter dare la sua versione dei fatti. Il popolo nepalese non ha mai creduto del tutto alla ricostruzione ufficiale, ipotizzando che la strage possa aver avuto origine da un complotto per il potere.
Ventitré anni fa
La notte del primo giugno 2001 la famiglia reale nepalese era riunita a Palazzo Narayanhity, la residenza ufficiale di Kathmandu, per un banchetto. Nulla lasciava presagire quel che sarebbe accaduto di lì a poco. La dinastia Shah regnava su questo Paese, situato nel cuore dell’Asia, dal 1743, mantenendo intatti tradizioni e privilegi di casta, sebbene il suo potere fosse stato fortemente ridimensionato dalla rivoluzione del 1951 e dall’adozione di una nuova Costituzione, nel novembre 1990. Quest’ultimo evento, in particolare, aveva sancito la nascita di una monarchia costituzionale in cui la figura del Re era poco più di un simbolo dell’identità del Nepal, un legame tra il passato e il presente.
Quella notte la linea diretta di successione al trono dello Stato asiatico venne spezzata all’improvviso, cancellando vite e interrompendo una storia secolare. Qualcuno, armato di ben due fucili, un M16, un Franchi SPAS-12 e una mitragliatrice Heckler & Koch MP5, fece irruzione durante il ricevimento e iniziò a sparare. Vennero colpite a morte nove persone: il Re Birendra (1945-2001), la Regina Aishwariya (1949-2001), i loro figli Nirajan e Shruti, i fratelli del sovrano, cioè il principe Dhirendra e le principesse Shanti e Sharada, Khadga, marito di Sharada e Jayanti, cugina del Re.
Cinque persone vennero ferite e altre cinque riuscirono a salvarsi. Al banchetto era presente anche il principe ereditario Dipendra (1971-2001), che finì in coma e dopo tre giorni morì. Benché le condizioni di quest’ultimo fossero disperate il Consiglio privato del regno decise di nominarlo comunque Re, affidando la reggenza allo zio paterno Gyanendra. Dipendra fu sovrano del Nepal per circa settantadue ore. Dopo il suo decesso salì al trono lo zio.
La ricostruzione ufficiale
Il Presidente della Corte Suprema Keshav Prasad Upadhaya e il Presidente della Camera Taranath Ranabhat avviarono un’indagine per capire chi avesse trucidato la famiglia reale nepalese e come si fossero svolti davvero i fatti. Le conclusioni, come ricorda l’Express, furono sconcertanti: il colpevole del massacro sarebbe stato il principe ereditario Dipendra. Stando alle testimonianze di chi riuscì a scampare alla morte e dei servitori quella sera di giugno l’erede al trono avrebbe bevuto troppo e, forse, assunto hashish.
Il Re, in collera col figlio per il suo comportamento deplorevole, gli avrebbe imposto di ritirarsi nel suo appartamento. Circa un’ora dopo, però, Dipendra sarebbe tornato nel salone e avrebbe iniziato a colpire i suoi parenti uno a uno. Sua madre avrebbe tentato di nascondersi in giardino, ma il principe l’avrebbe trovata e uccisa prima di spararsi. Un testimone disse al New York Times che il fratello di Dipendra, Nirajan, avrebbe cercato di fare da scudo col proprio corpo alla Regina, dicendo: “Per favore, non farlo. Uccidi me se vuoi”. L’erede avrebbe assassinato entrambi.
Questa ricostruzione, però, presenterebbe diverse lacune e contraddizioni che renderebbero il quadro generale a tratti confusionario. Inoltre non è chiaro il movente. Tutto ciò, lamentano ancora oggi i nepalesi, farebbe pensare a una verità nascosta che potrebbe essere identificata con un mortale gioco di potere, oppure con un grave dissidio familiare.
Il movente politico
Secondo una delle teorie alternative, riportata da The Times of India, il vero autore del massacro sarebbe stato il principe Gyanendra, addirittura supportato dalla CIA e dai servizi segreti indiani. Lo scopo del fratello del Re sarebbe stato quello sedersi sul trono del Nepal, ma per farlo aveva bisogno che Birendra e i suoi figli morissero. Chi sostiene questa versione dei fatti, mai provata, fa notare che tra i sopravvissuti alla strage c’è proprio la famiglia di Gyanendra.
La sera del primo giugno, infatti, quest’ultimo non era presente al banchetto, poiché si trovava a Pokhara, una città a circa duecento chilometri da Kathmandu. Invece la moglie Komal e i figli, il principe Paras e la principessa Prenana, erano a Palazzo, ma riportarono solo qualche leggera ferita. La loro testimonianza fu determinante per ricostruire l’accaduto. Tutto ciò, però, non basta per parlare di complotto. Non ci sarebbe una spiegazione attendibile sulla ragione per cui la CIA e l’intelligence indiana avrebbero dovuto supportare le presunte mire politiche di Gyanendra. Inoltre la presenza dei familiari al ricevimento e la loro salvezza potrebbero essere stati solo una coincidenza.
Il movente passionale
C’è anche un’altra ipotesi, persino più popolare di quella cospirazionista, ripresa dalla Bbc: il principe ereditario Dipendra avrebbe ucciso i parenti per una questione sentimentale. A quanto pare il giovane si sarebbe innamorato dell’aristocratica Devyani Rana, conosciuta in Inghilterra durante gli anni di studio a Eton, scontrandosi con la volontà del Re e della Regina. Infatti la dinastia dei Rana è sempre stata rivale degli Shah, nonostante diversi matrimoni combinati tra le due famiglie per tentare di creare un’alleanza solida.
Inoltre Devyani ha origini indiane (la madre è figlia dell’ultimo maharaja regnante di Gwalior, George Jivaji Rao Scindia Bahadur): i sovrani del Nepal temevano che le origini della ragazza potessero indispettire i nepalesi, che considerano l’India un nemico pronto a inglobarli nella propria sfera d’influenza (se non addirittura nel proprio Stato).
Stando all’Express i sovrani avrebbero minacciato di diseredare il principe, se non avesse lasciato Devyani. Nel giugno 2001 The Nepali Times aggiunse altri dettagli in merito: “Devyani era abituata a un elevato tenore di vita e alla ricchezza. Sua madre inoltre disse che la famiglia reale nepalese era piuttosto povera e lei doveva pensare seriamente alla possibilità che sua figlia non riuscisse a sopravvivere in una casa povera”.
Dipendra, a quanto sembra, non voleva saperne di rinunciare all’amata, ma il tempo passava e i nepalesi, all’oscuro della vicenda, vedevano solo un principe trentenne stranamente riottoso all’idea delle nozze, fatto che poteva avere pesanti ripercussioni politiche. Il 27 maggio 2001, pochissimi giorni prima della tragedia, un giornale locale, citato dall’Express, scrisse: “Le persone si chiedono perché il Principe della Corona non sia ancora sposato alla sua età e se il suo futuro come erede al trono sia in pericolo. È giunto il momento, per Sua Altezza Reale, di prendere moglie. Il popolo nepalese vuole celebrare presto e in maniera grandiosa il suo matrimonio”.
Non avvenne mai. Il 23 febbraio 2007 Devyani Rana sposò il principe e uomo d’affari Aishwarya Singh, figlio del Maharaja di Singrauli Bhuvaneshwar Prasad Singh e nipote dell’ex ministro indiano per lo Sviluppo delle Risorse Umane Arjun Singh. La coppia ha un figlio, Adidev Singh, nato nel 2010.
Un principe a due facce
Esiste anche una terza teoria secondo la quale Dipendra avrebbe ucciso i parenti a causa della rabbia covata per anni contro la decisione paterna di concedere la Costituzione del 1990. Il principe, dicono alcuni, non avrebbe mai accettato l’idea di ereditare un potere limitato, indebolito, non più assoluto come quello esercitato dai suoi antenati. C’è di più: questo evento sarebbe solo l’ultimo, in ordine cronologico, di una catena di incomprensioni tra Dipendra e i suoi genitori.
In pubblico l’erede al trono appariva simpatico, affabile, educato, ma in realtà avrebbe sofferto per anni a causa di una presunta lontananza emotiva dalla famiglia. A tal proposito, dieci anni dopo il massacro, il tenente generale Vivek Kumar Shah, aiutante di campo a Palazzo per ventisei anni, disse alla stazione radio The World: “Fin dall’inizio, probabilmente, [Dipendra] non ha avuto l’affetto che avrebbe meritato da bambino. Questa è la mia convinzione”. Non è escluso che anche l’amore proibito per Devyani Rana si sia sommato a questa presunta mancanza di dialogo e di affetto nel casato Shah, facendo esplodere la furia repressa di Dipendra.
Il futuro del Nepal
Dal 1996 il Nepal era dilaniato dalla guerra civile scatenata dal Partito Comunista Nepalese (Centro Maoista). Dopo la tragedia del primo giugno 2001 e l’ascesa al trono di Gyanendra il regno venne ulteriormente sconvolto dalla guerriglia maoista. In più, per la sua posizione geografica, il Paese risentiva della mai sopita rivalità tra Cina e India.
Nel 2005 Gyanendra sciolse il governo e iniziò a esercitare direttamente il potere esecutivo, proclamò lo stato di emergenza e, di conseguenza, ridusse nettamente molte delle libertà e dei diritti del popolo. Nel 2006, non riuscendo a risolvere la complessa situazione interna, il nuovo Re impose la legge marziale. Decisione che gli costò il trono: l’India e gli Stati Uniti imposero a Gyanendra di tornare sui propri passi, oppure di abdicare.
Nel 2006 il monarca rinunciò al potere esecutivo, ma non bastò. Il 28 dicembre 2007 il Parlamento approvò l’abolizione della monarchia e il 28 maggio 2008 il Nepal divenne ufficialmente una Repubblica Federale Democratica. Tra la fine del 2023 e l’inizio del 2024 si sono imposte all’attenzione internazionale le manifestazioni del movimento politico nepalese che auspica il ritorno sul trono di Gyanendra e il ripristino dell’induismo come religione di Stato. Le proteste, hanno spiegato India Today e AP News, sono state una conseguenza della crescente impopolarità del Partito Comunista marxista-leninista e del Partito Centro Maoista, accusati di corruzione.
Quanti chiedono un ritorno della monarchia in Nepal sperano anche che il Re possa proteggere la nazione dalle mire di India e Cina. I nepalesi vorrebbero ricominciare, lasciandosi alle spalle il massacro del 2001, sebbene il movente rimanga ancora sconosciuto e, per alcuni, non sia certo neppure il colpevole. Non chiederebbero di dimenticare, solo di chiudere tra le pagine del passato un evento così doloroso insieme alle sue infelici conseguenze politiche.
Dopo la tragedia, infatti, la storia politica del Paese è stata caratterizzata da gravi difficoltà che i nepalesi vorrebbero superare ripristinando un simbolo della loro identità, ovvero la figura del Re, tradizionalmente interpretata come incarnazione del dio Vishnu, come ha ricordato la Bbc. Poco importa se il sovrano svolgerà solo una funzione di rappresentanza, cerimoniale.
Quanto alle accuse rivolte a Gyanendra in merito alla strage di ventitré anni fa, nessuno è mai riuscito a provare nulla. Per ora il movimento per la restaurazione della monarchia appare troppo debole per imporsi, ma non è escluso che le cose cambino e la dinastia Shah possa tornare sul trono.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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