Trappole e sgambetti. Rischio fumate nere su presidenza Rai e Corte costituzionale

Il Pd impone l'Aventino per evitare aiuti 5S sul giudice vacante. Stallo tv di Stato

Trappole e sgambetti. Rischio fumate nere su presidenza Rai e Corte costituzionale
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Due partite che parrebbero assai lontane (quella sul plenum della Corte costituzionale, e quella assai più terra terra delle nomine Rai) si stanno intrecciando in queste ore. In un complicato gioco di specchi tra maggioranza e opposizione.

Stamane, alle 12.30, il Parlamento è convocato in seduta comune, dopo sette tentativi andati a vuoto, per eleggere il membro mancante della Consulta. Il candidato del centrodestra è Francesco Marini, costituzionalista e consulente di Palazzo Chigi sulla riforma del premierato. Il quorum è alto: tre quinti dei componenti. Per raggiungerlo, calcolando anche possibili assenze e franchi tiratori, servono un po' di voti dall'opposizione. Proprio come sulla presidenza Rai, che dovrebbe essere votata in Commissione di vigilanza in settimana. Qui la candidata è Simona Agnes (quota Forza Italia). Ma le voci del Palazzo parlavano già di un'intesa tra Lega, Fdi e M5s per bocciarla, e lasciare come presidente il leghista Antonio Marano, in quanto consigliere anziano. Ieri sera però, su questo fronte, sembrava aprirsi una nuova crepa nel centrosinistra: da Italia viva un Matteo Renzi «stufo dei veti su di noi messi da Conte e non respinti con chiarezza da Elly», faceva trapelare che su Agnes presidente si potrebbe ragionare. E non solo: «In Umbria il centrosinistra non ci vuole, e il centrodestra invece ci corteggia: dobbiamo rifletterci», dicevano da Iv.

La situazione, a tarda ora, era ancora assai confusa. «Sulla Consulta tiriamo dritto, e vediamo chi ci sta: anche il presidente Mattarella ha sottolineato l'urgenza di rispettare il plenum della Corte», dicevano da Fdi. «Alla fine la maggioranza indicherà ancora una volta di votare scheda bianca, per non rischiare di bruciarsi: non hanno i numeri», prevedevano invece dal Pd.

Le opposizioni dovrebbero uscire dall'aula o non prendere la scheda: è il secondo «Aventino», imposto ai suoi alleati da Elly Schlein proprio per rendere impossibili gli «aiutini» a Meloni nel segreto dell'urna. I sospetti dei dem si appuntano anche questa volta su Giuseppe Conte: ancora brucia il suo voltafaccia sul Cda Rai, e il suo scambio di amorosi sensi con il centrodestra sulle nomine Rai. Che ancora vanno definite: in ballo ci sono direzioni importanti su cui Conte ha messo gli occhi, dal Tg3 a Rainews. Di qui il sospetto che i 5S avessero ancora una volta un'intesa sottobanco col governo per far passare Marini, e che su questo si basasse la forzatura di Meloni sul voto di oggi.

Stavolta però Elly ha anticipato Conte: impossibile per lui tirarsi indietro sulla proposta di Aventino avanzata dal Pd: «Metterebbe la firma sull'elezione del candidato di Meloni, così gli abbiamo legato le mani», dice un dirigente Pd. Le altre opposizioni hanno già dato l'ok: «La Corte è organo di garanzia, in mancanza di confronto non parteciperemo al voto», dice Angelo Bonelli di Avs. «In accordo con le altre opposizioni non parteciperemo», dice Italia viva. «Speriamo solo di non fare la figura degli imbecilli come sulla Rai, non è che si può sempre stare sull'Aventino», sospira Carlo Calenda. I Cinque Stelle, incastrati, convocano un'assemblea dei gruppi a tarda sera, ma i loro capigruppo già hanno dato l'assenso a Schlein.

Masticando amaro, anche perché nel frattempo il niet di Conte contro Renzi in Emilia Romagna sembra essersi infranto contro il «no, grazie» del candidato governatore dem De Pascale: «Non accetto veti sulla composizione della nostra coalizione. E i tuoi, in Regione, sono pronti a entrarci anche con Iv», gli ha spiegato a quattr'occhi.

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