Bill, problema per Hillary Giuliani ora si gioca tutto

I sondaggi: negative le ultime uscite dell’ex presidente. Arrestato un finanziatore del candidato afroamericano. Tra i repubblicani oggi debutta in Florida l'ex sindaco di New York: se perde potrebbe essere fuori

Bill, problema per Hillary 
Giuliani ora si gioca tutto

Ma Bill Clinton è d’aiuto o d’impaccio per Hillary? Fino a un paio di giorni fa non c’erano dubbi: era un risorsa. E che risorsa: ogni volta che l’ex presidente prendeva la parola in pubblico, la popolarità dell’ex first lady saliva di qualche punto. Ma poi lui ci ha preso gusto e anziché limitarsi al ruolo di felice e saggio marito che portava in dote alla consorte il ricordo dei felici e rimpianti anni Novanta, ha iniziato a comportarsi da co-candidato. E a giocare pesante, screditando Barack Obama come un conta frottole, un leader senza carattere, un manipolatore. Un gioco delle parti: da un lato Hillary la buona, la candidata corretta e rispettosa, dall’altro Bill il cattivo che non esita a tirare calci negli stinchi.

Ma nella Carolina del Sud il quadro è cambiato improvvisamente, perché Hillary ha preso la metà dei voti di Obama, incassando un imbarazzante 55 a 27%. E chi ha fatto campagna in questo Stato? Più Bill di lei, che negli ultimi giorni ha preferito puntare sugli Stati chiave del Supertuesday. Incrociati con i dati dei sondaggi, il responso è netto: sebbene la nostalgia per i tempi di Bill sia molto forte, gli americani non vogliono che torni sulla scena e non gradiscono il suo presenzialismo. Insomma, stia al suo posto.
Ma sabato sera l’ex presidente ne ha combinata un’altra, paragonando la vittoria di Obama al successo di un altro candidato di colore, quel Jesse Jackson che negli anni Ottanta vinse per due volte le primarie nella Carolina del Sud. Come dire: «Barack non è altro che il solito candidato nero».

Alla destra repubblicana questi giudizi piacciono moltissimo, ma alla base liberal del Partito democratico proprio per nulla. E infatti le reazioni sui blog e sui siti sono state furenti, al punto da costringere Hillary a un’imbarazzata precisazione: «Mio marito crede molto nella mia candidatura, si è lasciato prendere dalla foga e forse ha esagerato un po’», ha dichiarato alla Cbs, invocando comprensione: «Il problema è che in questo periodo si dorme poco». Sarà, ma gli strateghi dell’ex first-lady, interpellati dal New York Times, ammettono che la questione è seria e stanno studiando il modo per ridimensionare l’ex presidente, tornando a puntare prevalentemente su Hillary, sul suo programma, sulla sua esperienza, sul suo essere donna. I temi di inizio campagna.

E Obama? È su di giri, nonostante gli imbarazzi provocatigli dal suo amico Tony Rezko: il discusso e spregiudicato imprenditore immobiliare di Chicago, che in 17 anni ha versato decine di migliaia di dollari al senatore dell’Illinois, è stato arrestato ieri per violazione della libertà su cauzione e verrà processato per corruzione tra meno di un mese. Barack in questo momento pensa ad altro. Dopo la benedizione di Carolina e Ted Kennedy, è arrivata quella di Toni Morrison, il premio Nobel per la letteratura. La scrittrice, che dieci anni fa definì Bill Clinton «il primo presidente nero d’America», ha scelto di appoggiare il senatore dell’Illinois anziché Hillary.

«Obama ha qualcosa che non ha a che fare con l’età, l’esperienza, la razza o il sesso. È qualcosa che non vedo in altri candidati», ha detto la Morrison. E ieri a Washington una folla enorme si è riunita per ascoltarlo. E per sognare.
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