La bimba dormiente dell'elegiaco Parini

L'artista siciliano esprimeva l'umanità trasfigurando la materia stessa con la tecnica della ceramica

La bimba dormiente dell'elegiaco Parini

C' è un prima e un dopo nella vita degli uomini, come nella vita delle cose. Qualcosa è accaduto che non accadrà più. Ed è molto evidente nelle opere d'arte. Se pensiamo alla Deposizione del Pontormo o alla Vocazione di Matteo di Caravaggio, al Pensiero dominante di Giacomo Leopardi, avvertiamo che imprese tanto straordinarie segnano un passaggio oltre il quale l'artista non sarà più lo stesso, entrerà in una diversa dimensione.

Tra le invenzioni che fanno avvertire questo passaggio, e si spingono verso un confine in cui è difficile distinguere l'arte e la vita, c'è una commovente ceramica di Andrea Parini, uno scultore siciliano che visse nella sua piena maturità a Nove, vicino a Bassano, dove vi è una grande tradizione di scuola della ceramica. Parini era nato a Caltagirone nel 1906, si era maturato all'Accademia di belle arti a Palermo, aveva intensi rapporti con un grande animatore dell'arte italiana come Ettore Cozzani e con un artista colto come Luigi Bartolini. Gli apre la prospettiva internazionale una mostra a Los Angeles nel 1930. Lo troviamo poi tra il 1932 e 1942 nelle Mostre del sindacato di Belle arti di Sicilia, e ancora alla Biennale di Venezia nel 1934, alla Quadriennale di Rima dal 35 al 39 e alla Trienne di Milano dal 1947 al 1951. L'opera di cui parlo è la figlia Onoria dormiente, a un anno, viva e calda di tutti gli umori siciliani, concepita nel 1941, diciannovesimo dell'età fascista. In una colorata culla, su un materasso di pagina e un cuscino ricamato, dorme la bambina. Il padre innamorato la vede, e ne immagina il futuro. Scrive una tenerissima invocazione: «Figlia, ti vorrei casalinga e scrittrice». Dice tutto con semplicità e orgoglio e, alle spalle della bambina, pone due piatti con una penna e un calamaio, l'uno; l'altro con il cotone, il ditale, il filo. Casalinga e scrittrice. La scultura, più che commovente, indica un momento importante nella vita di Parini che, dall'anno successivo, 1942, si trasferirà a Nove dove resterà dieci anni.

Direttore dell'Istituto d'arte, conservando l'insegnamento della storia dell'arte, Parini fondò una scuola che è stata grande nella seconda metà del secolo scorso: suoi allievi furono il dolcissimo e perduto Federico Bonaldi, Pompeo Pianezzola, capace di trasferire il pensiero di Paul Klee nella ceramica, e Alessio Tasca vivo e attivo, in una giovinezza senza fine. Ammirato per la sua intelligenza, la sua fantasia e il suo fuoco, Parini coltivò una fraterna amicizia anche con Gio Ponti. Nel 1950 partecipò all'Internazionale della ceramica di Faenza, nel 1952 fu affiancato a Lucio Fontana, Fausto Melotti e Pablo Picasso. Cultura popolare, tradizioni e spirito convivono in lui, capace di esprimere l'umanità quasi trasfigurando la materia stessa della tecnica della ceramica.

Ormai diventato veneto, Parini nel 63 fu direttore dell'istituto d'arte di Padova e poco dopo di quello di Venezia. Chiuse la sua vita a Gorizia. Parini ricusò sempre l'esperienza artistica come esercizio di intellettualismo, di sperimentalismo, sempre vicino alla dimensione religiosa dell'umanità, anche con ironia, anche con divertimento.

Egli è in realtà, come Melotti, essenzialmente uno scultore di vena elegiaca, senza il rigore intellettuale dei colleghi d'impresa, ma in qualche misura affine, per sensibilità a Melotti, lirico mascherato. Il ritratto della figlia Onorina dormiente è un capolavoro di incomparabile delicatezza, formale e sentimentale.

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