Negli ambienti degli esuli istriani, fiumani e dalmati è diventata la targa della discordia, perché sminuisce violenze ed angherie subite anche nella madre patria dagli italiani che fuggirono dalla pulizia etnica di Tito. LAssociazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, che rappresenta gli esuli ed il Comune di Bologna, guidato dalla sinistra, scoprono oggi una targa commemorativa in occasione della Giornata del Ricordo.
Per Bologna passarono i treni carichi degli esuli in fuga nel 1947, «italiani costretti ad abbandonare i loro luoghi dalla violenza del regime nazional-comunista jugoslavo e a pagare, vittime innocenti, il peso e la conseguenza della guerra daggressione intrapresa dal fascismo» si legge sulla targa. Fino a questo punto passi. Il peggio viene dopo: «Bologna seppe passare rapidamente da un atteggiamento di iniziale incomprensione a unaccoglienza che è nelle sue tradizioni». Liniziale incomprensione erano in realtà insulti, sputi, pestaggi e addirittura rifiuto di concedere un pasto caldo agli esuli, chiusi nei vagoni. Dal libro di padre Flaminio Rocchi Lesodo dei 350.000 giuliani, fiumani e dalmati: «La Pontificia Opera di Assistenza di Bologna aveva predisposto un pasto caldo alla stazione. Ma dai microfoni una voce grida: Se i profughi si fermano per mangiare lo sciopero bloccherà la stazione. Il treno rallenta e scompare nella nebbia con il suo carico di delusione e di fame». La targa ha sollevato una marea di polemiche con centinaia di e-mail anche da oltreoceano, dove molti esuli sono emigrati.
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