Il boom del Prosecco non si ferma più

Le bollicine del Nord-Est sono sempre più richieste: 355 milioni di bottiglie all'anno

Il boom del Prosecco non si ferma più

Il Prosecco? Roba da donne, ma in senso positivo. «Sono convinto che buona parte del boom per il nostro vino sia merito loro. Da qualche anno, le donne hanno imparato a bere nel modo giusto e consigliano gli uomini. E poi, quando vado per il mondo, vedo sempre più spesso che sui tavoli tutti al femminile, c'è in mezzo una bottiglia di Prosecco». Quando si parla del vino italiano più venduto al mondo, impossibile non chiedere lumi a Giancarlo Aneri, veronese di Legnago, quasi settantenne con l'energia di un ventenne. Produce olio, ha una torrefazione di caffè ma soprattutto è uomo di vino: pochissimo (ma ottimo) Amarone e 360mila bottiglie di Prosecco nel suo caso Valdobbiadene docg - che vengono stappati, spesso, dalle persone «giuste», nei momenti «giusti». Un «mercante» stile Marco Polo, mai fermo, che più di una volta ha aperto la strada ai colleghi meno dotati di comunicativa. «Ma è giusto così, ci vuole un ariete. Se dopo arrivano anche gli altri non mi arrabbio, anzi bisogna che gli italiani lavorino ancora più in gruppo se vogliamo tenere il passo della concorrenza». Aneri è talmente convinto che il futuro è rosa da aver chiamato con i nomi delle tre nipotine Giorgia, Ludovica e Lucrezia le tre aziende agricole che lo producono. «Per la gioia del nonno e per indicare che il Prosecco è un prodotto dal grande futuro. È venuto il tempo in cui invece di nasconderlo, lo si esibisce in una festa a casa come in eventi importanti. Sono reduce da un matrimonio organizzato in Toscana, per una coppia di stranieri vip: si è bevuto solo italiano, con una magnum del mio Prosecco a chiudere la cena. Mi creda, 40 anni fa sarebbe stato impossibile». I numeri del fenomeno, in effetti, sono impressionanti: nel 2015, la produzione ha superato quota 355 milioni di bottiglie (+15,8% rispetto all'anno precedente), frutto dell'impegno di oltre 10mila aziende viticole, 1200 cantine e 365 case spumantistiche sparse su oltre 20mila ettari di nove province, dove prospera il vigneto Glera che lo origina: Treviso, Venezia, Vicenza, Padova, Belluno; Trieste, Udine, Pordenone, Gorizia. Un mondo di uva che ha creato una doc Prosecco e due docg Prosecco la già citata Valdobbiadene e la Asolo e guarda sempre di più ai mercati stranieri: Aneri esporta metà della produzione ma la quota complessiva è del 70%, destinata per due terzi a Stati Uniti, Germania e Gran Bretagna. «Ma è il momento di guardare ai mercati emergenti e soprattutto di innalzare la qualità generale. Nell'ultimo decennio, le aziende che erano capaci sono diventate brave e quelle che erano normali sono peggiorate nel senso che vendono il Prosecco a quattro euro la bottiglia. Questo peraltro è il punto debole dell'intero export vinicolo: vendiamo più dei francesi ma quanto al fatturato complessivo sono ancora lontani. Quantità abbondante e prezzo basso non portano da nessuna parte», sottolinea Aneri. E poi ci vuole tanto marketing, in questo l'imprenditore veronese non teme rivali e il made in Italy dovrebbe essergli grato visto che ha portato i suoi vini sulle grandi navi di MSC Crociere e gli aerei di Air Dolomiti. «Così gli stranieri imparano a conoscerci. Ma penso sempre ai consumatori di casa nostra, una delle maggiori soddisfazioni dell'ultimo periodo è che sto vendendo così bene in Esselunga, catena attentissima al vino, che ho dovuto portare dopo il Prosecco Lucrezia anche quello Giorgia».

La prossima rotta del «mercante» è americana: dopo essere riuscito a far bere Prosecco a Barack Obama per festeggiare la presidenza degli Stati Uniti, punta al clamoroso bis con il prossimo inquilino della Casa Bianca, chiunque sia. Prima di prendere il volo, gli facciamo l'ultima domanda: quale pensa sia il segreto del Prosecco? «È un prodotto semplice, che rende felice la gente».

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