Bossi: «Comizi in ogni piazza per vincere il referendum»

Il leader del Carroccio nomina Maroni e Calderoli coordinatori della campagna. Pontida slitta al 2 luglio

da Roma
«Oggi ho detto ai miei di lavorare e di lavorare duro, sul territorio!». Così Umberto Bossi ha concluso e commentato il Consiglio federale della Lega. Nell’occasione si è tornati sullo slittamento della kermesse di Pontida ora rinviata al 2 luglio. «L’abbiamo posticipata - ha sspiegato Bossi - perché il 18 facciamo una grande gazebata. Tutti sul territorio. Oggi, nonostante fossi un po’ stanco, sono venuto apposta a Milano per dare una scossa ai miei».
Il Senatùr si riserva insomma la sintesi politica, proprio a Pontida, il 2 luglio, dopo l’esito del referendum. «L’ho sempre fatto. Certamente lì indicherò la linea politica da seguire». I partecipanti al Consiglio federale hanno in effetti descritto un Bossi apparso deciso e battagliero, che ha incitato tutti a impegnarsi e in particolare si è rivolto a Roberto Calderoli e a Roberto Maroni invitandoli a condurre la campagna referendaria sul territorio, attraverso comizi.
Sull’altro versante della battaglia referendaria, va in trasferta anche il presidente del Senato Franco Marini che ieri ha visitato il Nord in due tappe, prima a Milano, poi a Santa Margherita Ligure. Scopo: parlare della Costituzione sulla quale si combatterà la battaglia referendaria. Ha distribuito copie della Costituzione agli studenti, corredandole di autografo. Ha difeso i principi fondamentali della Carta del ’48 e la riforma del Titolo V fatta dal centrosinistra. Ma ne ha anche denunciato la «debolezza democratica» di averle votate a maggioranza, e ha lanciato il suo messaggio istituzionale. Le istituzioni vanno «ammodernate», il federalismo completato ed equilibrato. «Qualunque sia l’esito del referendum, assicuro che darò tutto il mio impulso e il mio contributo politico perché nasca, all’indomani del referendum, un processo di riforma condivisa, con un’intesa quanto più ampia possibile, che possa trovare un compimento nella legislatura appena aperta».
Marini è l’uomo del dialogo, e tiene fede al suo profilo anche nella sua visita a una scuola di Muggiò, alle porte di Milano, prima di recarsi dai giovani imprenditori a Santa Margherita Ligure. «Da quando sono presidente del Senato, mi stanno spiegando ossessivamente che un presidente del Senato non può improvvisare. Io sono troppo vecchio per ribellarmi, ma troppo giovane per subire. Si può essere rispettosi del ruolo, mantenendo la libertà di dire quello che si pensa: spero che gli amici della politica non mi spingano a dire quello che un presidente del Senato non deve dire...». E dunque se «l’ottimista lo voglio anche fare, l’ingenuo certamente no». Però coglie «l’avvio di un clima diverso, meno pregiudizialmente conflittuale» da alcune recenti affermazioni dei leader dei due schieramenti. L’importante, raccomanda ancora, è farla finita «con questa ostilità tra maggioranza e opposizione: capisco le regole della democrazia dell’alternanza, ma ora è il momento di ragionare assieme sugli interessi generali del Paese. Dobbiamo uscire da questo clima elettorale, che non è ancora finito e attanaglia il Paese», dice. Un «appello alla ragionevolezza» per una riforma condivisa, «un bel regalo alla nostra Costituzione che compie 60 anni».
Ma se Marini scherza sul suo essere «giovanile», che «poi però significa che sei vecchio», sono i giovani della Cdl a suonare la carica con un comitato in favore del «sì», presentato a Roma dalla vicepresidente della Camera, Giorgia Meloni (An), da Simone Baldelli (Forza Italia) e da Paolo Grimoldi (Lega). «La nostra campagna è indirizzata alle giovani generazioni perché riteniamo che in questa riforma ci siano una serie di elementi per cui dovrebbero lottare», dice la Meloni. Tipo l’abbassamento dell’età per essere eletti deputati e senatori (rispettivamente portati a 21 e 25 anni): «Un punto importante, che dimostra come la riforma voluta dalla Cdl sia contro la gerontocrazia del sistema politico italiano».

Che il «sì» migliori la democrazia è il parere di Gasparri (An), mentre l’azzurro Schifani ricorda come la riforma abbia «sanato i guasti prodotti dalla sciagurata riforma del Titolo V, voluta dall’Ulivo con soli quattro voti di maggioranza, che stravolse completamente l’assetto della nostra Costituzione».

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