BOTTE A TREMONTI L'ITALIA E' A RISCHIO

La storia della casa in prestito coincide con l'attacco ai nostri titoli. Siamo sotto il tiro della speculazione

BOTTE A TREMONTI 
L'ITALIA E' A RISCHIO

Quello che da più parti viene lanciato con­tro Giulio Tremonti in questi giorni co­s’è, fango o peggio? E chi lo ha fabbricato? Noi no di si­curo, anche se per dovere di cro­naca abbiamo pubblicato la noti­zia del fatto che ha insudiciato il ministro dell’Economia. Il quale, è stato detto, abita a Roma in una casa di lusso di cui non paga la salata pigione: 8.500 euro mensi­li. Al posto suo, secondo la Pro­cura di Napoli, provvederebbe a versarla Marco Mila­nese, consigliere po­litico dello stesso mi­nistro, ex ufficiale della Guardia di fi­nanza, sotto inchie­sta per corruzione e roba simile. Per quale motivo costui era tanto ge­neroso con Giulio? Riceveva dei favori? Quali? Il sospetto è che Milanese si ser­visse del suo benefi­cato per pilotare no­mine importanti. Ma non entriamo in dettagli non verificati e pertanto ancora oscu­ri. Ci limitiamo a segnalare una curiosità. L’immobile in questio­ne, prima di essere occupato da Tremonti per gentile concessio­ne del collaboratore, fu ristruttu­rato o comunque acconciato da un’impresa. E la fattura? Non c’è, non si trova. Questo non è bello, dato che il committente dei lavo­ri, Milanese, forniva prestazioni, a livello massimo, nientemeno che al ministero delle Finanze, quello che dai cittadini pretende giustamente il rispetto delle re­gole, altrimenti li castiga. Ma ciò che suona davvero ma­le è questo particolare: la figlia dell’impresario, guarda caso, fu assunta alla Sogei, società d’in­formatica controllata dal mini­stero dell’Economia. Pura coinci­denza o atto «impuro»? Giudi­cheranno i magistrati. Quali sa­rebbero le responsabilità di Tre­monti? Forse nessu­na. Però non sta be­ne che il ministro al­loggi in un apparta­mento (caro) a sba­fo, il cui contratto di affitto è intestato a un suo consigliere (nei guai) privo di un reddito (ufficiale) che gli consenta di pagare certe cifre per una gentilezza a un amico. Milanese viveva al di sopra delle sue possibilità, anche senza considerare il canone (8.500 il mese, ribadiamo) del piéd-â-terre messo a disposizio­ne di Tremonti. Infatti girava in Ferrari e altre auto della medesi­ma categoria. Mah! Mistero della politica. Qui tuttavia i misteri sono più di uno. Perché pro­prio adesso si è scatenata la guerra mondiale contro Tremonti? Gio­va sottolineare che l’inchiesta su Milanese è in corso da tempo e che il ministro fu interrogato dagli in­quirenti, a proposito della casa a scrocco, sei mesi orsono. Tant’è che Giulio, avendo risposto esau­rientemente a ogni domanda, si era messo il cuore in pace. Alla vi­cenda non ha più pensato fino a un paio di giorni fa quando, fulmi­ne a ciel sereno, è stata inoltrata dalla Procura la richiesta d’arre­sto del munifico consigliere. Che Tremonti abbia commesso una leggerezza lo abbiamo scritto sopra e non desideriamo minimiz­zare. Anzi, ci stupisce e ci irrita che un uomo del suo calibro, della sua intelligenza sia potuto cadere in una simile trappola. Tra l’altro, non gli mancano i soldi per con­durre un’esistenza da signore: col suo studio di fiscalista ha guada­gnato quanto ha voluto. Per cui non era in condizioni tali da dover dipendere da Milanese per gode­re di un bel quartierino. Forse ha solo fatto quella che a Milano si de­finisce una «pirlata». E si tenga conto che nessuno sfugge alla leg­ge secondo la quale «l’ora del pirla piglia tutti», anche i più avveduti. Questo per dire che non credia­mo alla malafede e alla disonestà di Tremonti. Quindi, a maggior ra­gione, questa storia che all’im­provviso si cerca di farlo passare per mariuolo puzza di bruciato. L’ipotesi di un disegno dai contor­ni confusi per dare un colpo di gra­zia al governo e all’Italia non ci sembra campata in aria. La mano­v­ra finanziaria appena varata è og­getto, come sempre, di polemi­che. C’è chi la condanna. E c’è chi punta a modificarla. Sta per arriva­re in t­esta a Silvio Berlusconi la bot­ta del Lodo Mondadori: 500 milio­ni di euro da sganciare a Carlo De Benedetti. Nervosismo crescente nell’esecutivo, nella coalizione e nei singoli partiti che la compon­gono. La recente nomina di Angeli­no Alfano a segretario del Pdl. L’an­nuncio del premier che ne ha pie­ne le scatole di essere scambiato per il demonio e medita di ritirar­si. Le scaramucce fra i papaveri del Consiglio dei ministri sul fami­gerato comma relativo ai risarci­menti da liquidarsi a sentenza defi­nitiva e non prima (leggina ritira­ta). Le turbolenze monetarie inter­nazionali, la Grecia sepolta nei de­biti, il Portogallo con l’acqua alla gola, le agenzie di rating che han­no la mano pesante. Insomma, un momentaccio. Perché non profittarne per una doppia speculazione? Ecco il mo­vente che può aver determinato una svolta nell’azione dei nemici dell’esecutivo. Prima speculazione: far esplo­dere uno scandalo che distrugga la reputazione dell’uomo (Tre­monti) più rappresentativo del go­verno in campo finanziario; demo­lire la credibilità internazionale dell’Italia,costringendoBerlusco­ni ad anticipare il trasloco da Palaz­zo Chigi. Seconda speculazione: indebo­lire i nostri titoli, incoraggiando i falchi e le iene dei mercati a saltar­ci addosso e farci a pezzi. Gli indizi sono chiari: ieri la nostra Borsa ha perso il 3,47.

Più delle altre euro­pee. Facciamo finta di niente? For­se converrà reagire e pensare: tan­to peggio, tanto meglio. Abbiamo un timore: che coloro i quali non vogliono morire berlusconiani, co­stringano tutti a crepare di fame.

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