Braccio di ferro tra Europa e Hamas gli integralisti chiedono aiuto a Prodi

Hanyeh cede: sì ai controlli E l’Ue riattiva la fornitura di energia

Braccio di ferro tra Europa e Hamas gli integralisti chiedono aiuto a Prodi

L’Unione Europea ha vinto la sua prima guerra. Per incassare il successo è bastato chiudere il portafoglio per cinque giorni e lasciare al buio Hamas e il suo mondo. Non una grande battaglia, ma il segnale di una linea dura e decisa. Una linea in aperto contrasto con le richieste di aperture al movimento fondamentalista avanzate di recente dal presidente del Consiglio Romano Prodi. La guerra dell’elettricità inizia di fatto cinque giorni fa, quando a Gaza i condizionatori iniziano a borbottare e le lampadine a tremolare. Sono i primi segnali del grande buio e del grande caldo che per almeno cento ore sconvolge la vita di un milione e mezzo di palestinesi di Gaza e convince i leader del movimento fondamentalista ad abbandonare il progetto di tassare le forniture elettriche.
Un progetto lecito per un governo sovrano e autonomo, ma assai azzardato per un’entità territoriale costretta a ricorrere alle donazioni europee per pagare ai fornitori privati israeliani il carburante per le centrali elettriche. Tassare l’energia elettrica e pretendere dai palestinesi di Gaza il pagamento delle bollette arretrate non era, però, solo una questione di cattivo gusto. Imporre un balzello sull’elettricità equivaleva a un autofinanziamento e proprio per questo l’Unione Europea ha deciso di intervenire. Se fosse rimasta a guardare, accampando la necessità di non infliggere altre sofferenze alla popolazione civile di Gaza, Bruxelles avrebbe di fatto concesso un finanziamento al movimento integralista. Avrebbe, insomma, infranto gli impegni assunti dopo le elezioni parlamentari del gennaio del 2006, quando il Quartetto diplomatico - Onu, Russia, Ue, Usa - pretese il riconoscimento d’Israele come condizione per la ripresa degli aiuti all’Autorità Nazionale Palestinese (Anp) di Hamas.
La determinazione europea stavolta ha pagato e ieri Ismail Haniyeh, il dirigente che Hamas considera premier dell’Autorità Nazionale Palestinese anche dopo la scissione dalla Cisgiordania del presidente Abu Mazen, ha ordinato la retromarcia. «Per assicurare il diritto della popolazione a non subire altri tagli all’elettricità il governo s’impegna a offrire garanzie verificabili sull’indipendenza della compagnia elettrica e sull’assenza di qualsiasi interferenza da parte di qualsiasi fazione». Subito dopo quel dietro-front l’Unione Europea annunciava la «ripresa provvisoria» entro oggi delle «forniture di carburante alla centrale elettrica di Gaza».
La resa di Haniyeh era stata preceduta da una riunione dei vertici di Hamas in cui il «premier» aveva - invece - denunciato le pressioni europee definendole una «punizione collettiva di tutta la popolazione di Gaza» e «un tentativo di piegare la nostra volontà». Parole che riflettono l’interpretazione secondo cui l’Ue sarebbe intervenuta su richiesta del governo di emergenza guidato a Ramallah dal premier Salam Fayyad. Grazie alla collaborazione europea, il premier di Ramallah avrebbe conferito concretezza al decreto presidenziale, proclamato subito dopo l’espulsione di Fatah da Gaza, che impedisce qualsiasi tassazione degli abitanti della Striscia.
La richiesta di Fayyad sarebbe stata innescata, inoltre, dalla purga fondamentalista che, dopo aver colpito quasi tutte le istituzioni pubbliche, ha portato anche alla sostituzione dei responsabili della centrale elettrica della Striscia.
Nonostante lo scontro con Bruxelles, Haniyeh continua ad elogiare l’apertura ad Hamas avanzata dal presidente del Consiglio Romano Prodi.

Ricordando in un’intervista al Corriere della Sera quelle profferte, Haniyeh ha chiesto al nostro premier di contribuire a far togliere l’embargo cui Hamas è sottoposto e ha ipotizzato che il dialogo con l’Italia possa trasformare Hamas in una testa di ponte tra mondo arabo e Ue. Nell’intervista Haniyeh ha continuato però a non rispondere alle richieste del Quartetto sulla rinuncia alla violenza, il riconoscimento d’Israele e dei passati accordi tra Stato ebraico e Anp.

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