Se occorreva un’altra prova di quanto le politiche nazionali europee siano solo un inutile teatrino rispetto alle mosse della Banca centrale europea, ieri l’abbiamo avuta. In condizioni normali, infatti, le immagini degli scontri in piazza ad Atene unite all’ennesimo downgrade di molti debiti sovrani (tra i quali, immancabile, quello italiano) da parte dell’agenzia Moody’s, sarebbero bastati per un martedì nero delle Borse mondiali. Il fatto poi che ieri fosse prevista un’asta nella quale il Tesoro doveva mettere in vendita 6 miliardi di Btp aggiungeva rischio a rischio. Invece, nulla.
I mercati hanno archiviato la bocciatura dell’agenzia di rating con uno sbadiglio e la domanda dei titoli di Stato italiani è stata sostenuta, con rendimenti in calo. Nonostante ardite e un po’ ridicole teorie di inguaribili innamorati del governo tecnico, disposti a credere (o a cercare di far credere) che non solo i nostri, ma anche gli spread sui titoli francesi o svedesi siano in calo perché forse Monti aumenterà i notai, la spiegazione è solo una e si nasconde dietro una sigla: Ltro. L’acronimo indica l’invenzione dell’unico Mario a cui per il momento dobbiamo dire grazie per l’allentarsi della tensione sui mercati finanziari: il governatore della Bce Draghi. Evidentemente resosi conto che la situazione delle banche europee stava precipitando, Draghi ha avuto il coraggio di pronunciare la frase magica, l’unica in grado di calmare panico e speculazione vale a dire «prestito illimitato a lungo termine», in inglese Ltro. Illimitata è stata infatti la disponibilità di denaro all’1% di interesse per tre anni fornita dalla banca centrale con la prima operazione di finanziamento effettuata a fine dicembre in cui le banche, quasi incredule, raccolsero 500 miliardi di euro.
Da allora tutto è cambiato: gli spread sul nostro debito hanno cominciato a calare dai massimi a cui erano arrivati nonostante la presenza di Monti e delle sue tasse, così come hanno ricominciato a convergere tutti i debiti non fuori mercato dell’eurozona e anche le obbligazioni emesse dagli istituti di credito. Dal momento in cui l’oppiaceo del prestito illimitato è entrato in circolo anche le agenzie di rating hanno smesso di far paura. Se uno avesse ascoltato Standard&Poor’s il giorno della sua ultima pesantissima bocciatura sul debito, avvenuta a gennaio, avrebbe perso uno dei maggiori rialzi degli ultimi anni. Probabilmente se anche adesso si inventassero il rating zeta o se la Grecia fallisse, ripagando zero il suo debito, il mercato se ne disinteresserebbe dato che le bocche assetate delle banche si stanno già preparando alla seconda edizione del Ltro prevista per il 29 Febbraio. Si parla addirittura di un prestito illimitato a 5 anni con un tasso al 2,5% e si prevedono adesioni per mille miliardi, un numero a dodici zeri.
Un colpo da maestro. Praticamente si andrebbe a «scolpire» la curva dei rendimenti dei titoli di Stato, che in condizioni normali presenta appunto tassi maggiori per debiti a più lunga scadenza, facendo calare a viva forza gli spread. Le banche possono infatti finanziarsi a basso costo presso la Bce acquistando quei titoli di Stato che dovessero avere un rendimento maggiore, realizzando un profitto certo e riaprendo i canali di finanziamento per gli Stati e (sperabilmente) per le imprese. Non ci sono teorie alternative o meriti da attribuire a Monti o a qualsiasi provvedimento governativo: il punto di flesso per lo spread che stava crescendo senza limiti sono le aste di Draghi. Anche quegli economisti rimasti orfani del nemico Berlusconi a cui addossare ogni sciagura e che si sono inventati appoggi fantasiosi per le loro teorie, tipo analizzare la differenza tra i titoli italiani e quelli spagnoli, dovrebbero prenderne atto: tutto sta tornando nei binari e, ovviamente, chi come l’Italia si stava discostando di più (anche con Monti presente) ora rientra in modo maggiore.
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