A caccia di Dna nei paesi-laboratorio d’Italia

Nel Cilento è stato individuato il gene dell’ipertensione. A Carlantino studiata la sordità

Eleonora Barbieri

Sono i paesi in cui la scienza si intreccia con la storia e la ricerca trasforma luoghi minuscoli e isolati in laboratori preziosi, sfruttando la radice religiosa dell’Italia. Senza i registri raccolti, anno dopo anno, dalle parrocchie locali, gli studi genetici nel nostro paese sarebbero gli stessi portati avanti in tutto il mondo, fra carte, strumentazioni e pareti chiuse: e invece, grazie agli archivi di nascite, matrimoni, morti (con relative cause), cresime e i censimenti dei «fuochi», che dal Cinquecento riempiono i «Cinque libri» delle chiese sparse lungo la penisola, è possibile ricostruire gli alberi genealogici di intere comunità, e la ricerca genetica in Italia si fa anche nei piccoli comuni che punteggiano coste e vallate, da Nord a Sud. Si studia la popolazione, raccogliendo migliaia di dati che, accumulati, permetteranno agli scienziati di identificare i fattori genetici e ambientali che predispongono (o proteggono) da una certa malattia.
È così che Campora, un paesino di 600 abitanti in provincia di Salerno, è diventato famoso: perché qui, nel «Parco genetico del Cilento», i ricercatori dell’Istituto di genetica e biofisica del Cnr di Napoli hanno appena scoperto la regione genetica collegata a una sindrome molto diffusa, la pressione alta. «La popolazione è anziana, ne soffre quasi il 50%, ma i dati raccolti durante gli ultimi cinque anni riguardano lo stato di salute generale degli abitanti - racconta Maria Grazia Persico, coordinatrice della ricerca -. Per ognuno accumuliamo 200-300 voci, che servono come base anche per altri studi, ad esempio sull’infarto o sull’ictus».
Il principio è che gli «isolati genetici», come sono definiti, siano utili non soltanto per indagare l’origine di malattie rare ma, soprattutto, di quelle più comuni, dall’ipertensione al diabete, dall’osteoporosi alla sordità. Il pioniere, in questo campo, è stato Mario Pirastu che, in Sardegna, dirige l’Istituto di genetica delle popolazioni del Cnr: undici anni fa ha cominciato a setacciare l’Ogliastra, la zona centro-orientale dell’isola, famosa per il Gennargentu, Arbatax e Tortolì. Lui, però, era interessato a Talana (Nuoro), 1.200 abitanti che, fino a trent’anni fa, si sposavano quasi tutti fra loro: «I registri ecclesiastici mostrano una percentuale di nozze “interne” pari al 90-95%: perciò i cittadini hanno un Dna molto simile fra loro e, incrociando i dati con quelli degli alberi genealogici, possiamo risalire alle aree genetiche coinvolte in alcune patologie e, infine, ai singoli geni» spiega Pirastu. Uno di essi, già individuato qualche anno fa, è associato ai calcoli renali e, in onore degli abitanti, è stato chiamato «talanina». I cittadini di Talana sono protagonisti anche degli studi sull’obesità: «Il 30% della popolazione è sovrappeso, anche se lo stile di vita è identico a quello di altri comuni vicini - racconta Pirastu -. L’obiettivo è individuare gli avi comuni, che possano suggerire una probabilità di trasmissione genetica della patologia». Progetti già avviati riguardano il diabete e l’infarto, quelli futuri l’asma e l’osteoporosi, ma l’équipe sarda è vicina a individuare altri due geni responsabili di malattie diffuse, l’ipertensione e l’alopecia. E poi c’è l’altra faccia della medaglia: perché, in certe zone, le persone siano «assolutamente sane» e, quindi, molto longeve. «Un’ipotesi è che siano prive di alcune varianti geniche: mancando, si risparmiano molti guai».
In Alta Val Borbera, nell’Alessandrino, il gruppo guidato da Daniela Toniolo (docente di Genetica delle malattie comuni al San Raffaele di Milano) si interessa dei problemi alla tiroide: «La ricerca riguarda sette paesi della vallata, duemila persone in tutto - spiega la studiosa da Cosola, una piccola frazione dove è impegnata a raccogliere dati clinici -. Il 25% degli abitanti presenta una alterazione alla tiroide, quindi è probabile che ci siano cause genetiche, oltre che ambientali». Paolo Gasparini è docente di Genetica medica a Trieste ma, qualche anno fa, lavorava a San Giovanni Rotondo: così ha iniziato a studiare gli abitanti di Carlantino, in provincia di Foggia, concentrandosi sui problemi all’udito (i cittadini sentono male, anche in età non troppo avanzata) e sull’osteoporosi (il 35% della popolazione ha una massa ossea meno densa rispetto alla media). Gasparini, che ha in progetto di avviare gli studi in sei paesi del Friuli-Venezia Giulia, fra cui San Martino del Carso, si occupa anche delle ricerche a Bossico, sul Lago d’Iseo, dove si studiano le malattie cardiovascolari e a Stoccareddo, un villaggio sull’altopiano di Asiago dove i 350 abitanti hanno un solo cognome: Baù. Una fortuna, per un genetista: assolutamente incontaminati.

Come i sardi dell’Ogliastra, come a Carlantino, dove tutti discendono da sei coppie di fondatori. Una sola sfortuna: bisogna sbrigarsi. La popolazione emigra, si sposta, si sposa con gli «stranieri». E un patrimonio unico al mondo rischia di svanire.

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