Caccia notturna ai cavalli della droga

L’organizzazione si approvvigionava attraverso vari canali

Ai monteverdini doc sarà sembrato di rivivere quel lontano 16 marzo del 1981 quando a illuminare i «grattacieli» di via di Donna Olimpia erano le fotocellule di polizia e carabinieri a caccia dei bravi ragazzi della Magliana. Dopo avere vendicato il loro capo storico crivellando di piombo sotto gli occhi di moglie e figli Maurizio Proietti, il più piccolo dei «pesciaroli» di piazza San Giovanni di Dio, l’«accattone» e «Marcellone» stavano tentando una rocambolesca fuga sulle terrazze dei palazzoni popolari. Sotto, in strada, un centinaio di persone che ne voleva la pelle e, soprattutto, decine di pantere e gazzelle pronte ad aspettarne la resa. Tutt’altra storia quella di ieri, quando a notte fonda trecento carabinieri del territoriale di Roma, con unità speciali e cinofile e l’ausilio d’un elicottero, hanno illuminato a giorno il reticolo di strade che passa tra via Ozanam e via dei Quattro Venti, alla ricerca d’armi e droga, per incastrare fino all’ultimo «cavallo» di coca e hashish della vecchia periferia pasoliniana, oggi incastonata tra gli edifici borghesi del Gianicolo e della Trastevere-bene: 44 le ordinanze di custodia cautelare emesse dal pm della Direzione distrettuale antimafia, Lucia Lotti, 37 le persone finite all’alba nelle caserme capitoline, tre i latitanti che gli inquirenti ritengono rifugiati all’estero, uno dei quali forse già deceduto per cause naturali. Un’inchiesta cominciata due anni fa dai carabinieri di San Pietro, passata per arresti di piccoli spacciatori di zona, «dritte giuste», una montagna di intercettazioni e una sfilza di pedinamenti, fino ad arrivare alla scoperta di un’autentica raffineria della cocaina sudamericana - uno scantinato di Scandriglia, nel Reatino - e all’anello con la malavita organizzata, quella capace di stringere affari e patti di sangue coi cartelli colombiani e venezuelani, vicina alle ’ndrine calabresi. Sull’indagine, ancora aperta, c’è massimo riserbo. Per gli investigatori è come se il rubinetto di droga aperto fin dagli anni ’70 e ’80 non si fosse mai esaurito, contando su nuove e vecchie alleanze, sulla garanzia e il benestare di pregiudicati «mammasantissima» del posto in sodalizio coi calabresi, ormai i padroni sulla piazza romana. L’organizzazione poteva contare su vari canali per l’approvvigionamento e per lo smercio. Tra gli arrestati compaiono dipendenti aeroportuali e portuali, residenti a Ostia e Fiumicino, insospettabili casalinghe, spacciatori incalliti che negli anni erano arrivati a costruirsi villette-bunker sul litorale. Otto i chili di cocaina e 23 quelli di hashish sequestrati di provenienza sudamericana, ma anche costaricense e spagnola. «Nessun supercarico - spiega il colonnello Alessandro Casarsa -, più rischioso e difficile da gestire. Ma piccoli quantitativi frazionati per rendere meno vulnerabile e identificabile l’intera rete dei sodali». Il blitz dei carabinieri è scattato alle quattro del mattino, con perquisizioni anche a Trastevere, Eur, Casilino e Nomentano.

Un risveglio al cardiopalmo per i residenti scesi in strada o affacciati alle finestre, prima di tirare un sospiro di sollievo. «Era ora - dice una signora -. Ben fatto». Peggio è andata a uno sfortunato topo d’auto, sorpreso nel bel mezzo del lavoro.

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