Il calcio a processo, l’amnistia divide Mastella e Bertinotti

Maggioranza spaccata. Il ministro della Giustizia possibilista, contro Rifondazione, Pdci, Verdi e Ds

Fabrizio de Feo

da Roma

«Amnistia canaglia». Cantano con voce alta e seria il refrain più gettonato delle ore immediatamente successive al trionfo azzurro. Cercano di sintonizzarsi sulla tonalità vagamente giustizialista dominante nel Paese. Dettano sentenze moraleggianti sul Pallone gonfiato e corrotto sullo sfondo del processo lampo dell’Olimpico. Pronunciano le frasi scaccia-clemenza dai contorni più tranchant. Ma poi, come in un riflesso condizionato o forse per non abbandonare le sane abitudini di sempre, fanno anche stavolta ciò che gli riesce meglio: si dividono e litigano tra loro.
La scintilla che accende il dibattito nell’Unione è la frase pronunciata da Clemente Mastella alla fine del match con la Francia. Il Guardasigilli torna sulla sua proposta di amnistia. E si lascia andare a un commento controcorrente. «Non mi pare giusto parlarne questa sera ma il fatto che Cannavaro, Del Piero o Buffon possano finire in serie C, francamente non è una cosa accettabile. Comunque aspettiamo e vediamo. Spero che la giustizia sportiva sia giusta». Ai suoi colleghi dell’Unione viene immediatamente l’orticaria. E i «niet» vengono scolpiti in maniera plateale, corredati da qualche espressione di dileggio verso il buonismo mastelliano. «Un’eventuale amnistia? Io la giudico una pirlata» dice Paolo Ferrero, ministro per le Politiche sociali, che apre il carosello dei commenti. «Io come tutti gli italiani - racconta - ho fatto il tifo per gli azzurri, sono andato in piazza del Popolo con mio figlio a festeggiare. Ma chi ha preso in giro tifosi e altri calciatori è giusto che paghi». Ruggisce il verde Paolo Cento: «Sono inaccettabili i tentativi di strumentalizzare la vittoria della nazionale azzurra per riproporre una assurda amnistia per calciopoli». Così come chiude la porta a ogni spiraglio di grazia, Antonio Di Pietro. La raffica di sbarramento non si esaurisce qui. C’è Alfonso Pecoraro Scanio che scaccia via come uno spettro l’odiata ipotesi perdonista: «Non serve nessuna amnistia. La vittoria dei nostri ragazzi dimostra che c’è un calcio pulito e che si può vincere senza trucchi e senza imbrogli». E Fausto Bertinotti pronuncia parole che tradiscono la sua preferenza per una condanna esemplare. «Guardo con molta attenzione alla severità della magistratura sportiva. Il mio è un no assoluto all’amnistia per calciopoli». Una scuola di pensiero cara anche a Marco Rizzo, dei Comunisti italiani, che detta l’elogio di «Ringhio» Gattuso. «Ha ragione Gattuso, sbaglia Mastella: non può finire tutto a tarallucci e vino. Sarebbe diseducativo».
Il tintinnare di spade e di asprezze verbali viene interrotto dal capogruppo dell’Udeur, Mauro Fabris. «Anche noi la pensiamo come Gattuso: la giustizia sportiva deve colpire chi ha sbagliato ma non riteniamo giusto punire giocatori, tifosi, risparmiatori, intere città che hanno sempre creduto nel calcio pulito. La splendida vittoria dei Mondiali è dovuta all’impegno di quei giocatori che oggi tutti osanniamo e che non possiamo cancellare dalla principale scena sportiva. Nessuno può togliere a loro il merito di aver riportato la coppa in Italia. Vogliamo colpire anche loro e tutti quelli che non c’entrano con il marcio di calciopoli? Ricordiamoci che calciopoli non è tangentopoli, quando emerse l’intreccio perverso in cui un intero sistema politico-affaristico si rivelò colluso e che i nostri campioni sono estranei alle vicende di questi mesi». L’ultima riflessione è di Piero Fassino.

Il segretario dei Ds si sveste dei panni politici. E si concede una semplice confessione da tifoso juventino che tradisce, forse, pensieri inconfessabili. «Provo sofferenza per il pericolo della serie C ma spero nella clemenza della Corte».

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