1980, scoppia il "Totonero": il primo grande scandalo del calcio italiano

L'idea di organizzare un giro di scomesse clandestine venne a un commerciante di ortofrutta e ad un ristoratore: ne uscì fuori una caterva di squalifiche, tra club, tesserati e calciatori

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Oggi che il calcio italiano si avvita nello stordente vortice delle scommesse, quella data pare sfumare in dissolvenza. Eppure le assonanze sono potenti. Era quarantatré anni fa. Marzo del 1980. In una stanza angusta della procura della Repubblica di Roma, due uomini stanno stappando una vicenda destinata ad investire frontalmente una caterva di squadre di Serie A e B, oltre a mucchi di giocatori e tesserati. Uno è Massimo Cruciani, professione commerciante di ortofrutta all'ingrosso. L'altro Alvaro Trinca, proprietario del ristorante "La Lampara" a due passi da piazza del Popolo, a Roma. Il "Totonero", nome in codice dello scandalo, comincia qui.

Che c'entrano due soggetti del genere? C'entrano eccome. Cruciani, infatti, è il grossista di Trinca. E siccome frequenta spesso il ristorante, si accorge di quanti calciatori - specie di Roma e Lazio - facciano la spola lì, per consumare un piatto e sorseggiare un bicchiere di vino. La scintilla si innesca spontanea. Il ristoratore e il fruttivendolo si mettono in testa che quella situazione va sfruttata meglio. Che può essere esponenzialmente più redditizia di un conto salato per pranzo o cena.

Nasce da qui, grazie a tenaci dosi di confidenza con chi scendeva in campo, il progetto di allestire un ribaldo giro di scommesse clandestine. Chi punta ha la garanzia che le partite giocate andranno a finire in un certo modo, perché la connivenza di chi si trova in campo fa la differenza. C'è soltanto da sfregarsi le dita e incassare. La prospettiva è quella di nuotare in un torrenziale fiume di milioni di vecchie lire.

Solo che quel 23 di marzo, in Procura, Cruciani e Trinca ci vanno perché si ritrovano sul lastrico. Nel giro di un paio di mesi hanno perso centinaia di milioni perché alcune partite non sono finite come era stato stabilito. Si sentono fregati dai calciatori. Così, un po' smargiassi e anche un po' disperati, fanno partire una clamorosa denuncia: "Siamo stati truffati".

Una coppia di fregatori seriali che viene a sua volta gabbata. Sarabbe tutto molto comico, se non fosse anche maledettamente vero. In seguito alla denuncia si attivano, infatti, i lesti riflettori della magistratura. Viene appurato che il giro coinvolge club di serie A e B, semplici tesserati e calciatori. Si procede con una sfilza di plateali arresti a bordo campo. L'Italia è squassata da una vicenda che sembra irreale. I tifosi perdono i loro punti di riferimento, contemplando i beniamini premuti alla sbarra.

Giordano e Rossi
Bruno Giordano e Paolo Rossi, due dei giocatori illustri coinvolti

Vengono fuori i nomi di 27 calciatori e 12 società. Scattano le manette per un Stefano Pellegrini dell'Avellino, Sergio Girardi del Genoa, Massimo Cacciatori, Bruno Giordano, Lionello Manfredonia e Giuseppe Wilson della Lazio, Claudio Merlo del Lecce, Enrico Albertosi e Giorgio Morini del Milan, Guido Magherini del Palermo, Gianfranco Casarsa, Mauro Della Martira e Luciano Zecchini del Perugia. Per altri arrivano ordini di comparizione, tra cui Paolo Rossi del Perugia, Giuseppe Dossena e Giuseppe Savoldi del Bologna e Oscar Damiani del Napoli.

Si viene anche a sapere che una delle modalità di pagamento consisteva semplicemente nell'avvolgere pacchi di banconote nella carta di giornale. Iniziano dunque i processi che, giunti al secondo grado, emettono verdetti atterrenti: retrocessione in B per il Milan e la Lazio, penalizzazioni per Avellino, Bologna e Perugia. Assolte, invece, la Juventus, il Napoli e il Pescara.

Felice Colombo, presidente del Milan, viene radiato. Tommaso Fabbretti, patron del Bologna, si prende un anno di inibizione. Tra i calciatori, pene esemplari toccano a Stefano Pellegrini dell'Avellino (6 anni di squalifica), a Cacciatori della Lazio e Della Martira del Perugia (5 anni) ed ai più celebri Enrico Albertosi (4 anni), Bruno Giordano (3 anni e 6 mesi), Giuseppe Savoldi (3 anni e 6 mesi) e Paolo Rossi (2 anni). La lista è folta e interessa anche alcuni club e tesserati di B.

Uno scandalo devastante, che penetra in prodondità

tutto il tessuto connettivo del calcio italiano. Servirà lo scorrere salvifico del tempo a tessere un'indispensabile operazione di maquillage per il volto deturpato del pallone nostrano. Fino al prossimo disastro, si intende.

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