Napoli-Milan vale lo scudetto

Il 1° maggio del 1988 la squadra di Maradona e quella di Van Basten arrivavano allo scontro diretto al San Paolo separate da un punto soltanto. Ne venne fuori un 2-3 epico, che indirizzò verso il primo scudetto dell'era Berlusconi

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Nel Napoli di Ottavio Bianchi sta cominciando ad intravedersi qualche crepa. Sconfitti in casa della Juve, fermati sul pareggio dal Verona. Fessure rivelatrici di un malessere dei campioni d'Italia in carica. Stanno perdendo terreno. E, alle spalle, hanno il Milan di Arrigo Sacchi che incalza, macina risultati, appare in condizioni eccelse. Così le due squadre giungono allo scontro diretto del 1° maggio, al San Paolo, separate da un punto soltanto, che pende in favore degli azzurri. L'inerzia però è tutta spostata dal lato dei rossoneri.

Eppure i napoletani tentano di fornirsi la carica nel pre-match. Il San Paolo è ricolmo e la preghiera di Diego è stata esaudita: "Oggi non deve sventolare nemmeno una bandiera rossonera". Nel corso del riscaldamento un Giampiero Galeazzi in formissima, munito di fotonico occhiale dalla montatura gialla, avvicina El Pibe de Oro per raccoglierne l'umore. "Diego, che senti nel cuore?". E lui, tanto per far capire il clima con cui si arriva a questa partita, risponde sicuro: "La finale del mundo". Il problema è che tutto il convincimento indotto possibile non funziona se, intorno, la squadra si aggrappa a te mentre sta perdendo fiducia. L'intonaco dello scudetto perde clamorosamente pezzi. Ma certo, se esiste qualcuno che può tentare di sciogliere una situazione che si è fatta intricata, quello è proprio Diego Armando Maradona.

Bianchi schiera Garella in porta e il libero Renica dietro a un blocco a quattro: Bigliardi e Bruscolotti i centrali, Francini e Ferrara i terzini. Un pezzo di granito tuttavia destinato a sfaldarsi. In mezzo dirige il traffico De Napoli, affiancato da Bagni e Romano. La coppia d'attacco è maestosa: Maradona-Careca. Roba che incupirebbe qualunque genere di difesa avversaria. Sacchi, invece, propone un compatto 4-4-2:davanti a Giovanni Galli ci sono Baresi e Filippo Galli, Maldini e Tassotti; a centrocampo, Donadoni, Colombo, Ancelotti ed Evani; davanti Gullit e Virdis, perché Van Basten ha qualche problemuccio fisico. Ok il dispiegamento tattico, ma questa squadra è stracolma di inventiva.

E infatti passa in vantaggio, grazie ad una progressione del Tulipano nero che serve in mezzo, per la girata di testa di Virdis. Il Napoli però non si lascia tramortire, e reagisce prima del rientro negli spogliatoi. Maradona viene circondato da cinque giocatori rossoneri al limite dell'area, ma li manda tutti a sbattere con un sombrero collettivo, e conquista il fallo. Piazzato dalla sua mattonella, palla all'incrocio e parità.

La ripresa evidenzia però come il Milan abbia davvero più energie, e infatti il nuovo vantaggio dei rossoneri - ancora una volta ispirato da Ruud Gullit - è servito. Il Napoli prova a rimettersi di nuovo in carreggiata, ma l'ingresso di Marco Van Basten, che piazze l'1a 3, diluisce le speranze della squadra di Bianchi. Due minuti dopo Careca accorcia, ma i partenopei non riescono più a riprenderla. Il Diavolo espugna il San Paolo e compie il sorpasso in classifica.

Anche le domeniche seguenti confermano che il vento spinge per i rossoneri. Bianchi cadrà ancora, stavolta a Firenze, mentre Sacchi impatterà contro la Juve. All'ultima giornata il Milan pareggerà contro il Como, mentre il Napoli perderà ancora, in casa contro la Samp. Si materializza così il primo titolo dell'era Silvio Berlusconi, e il ritorno allo scudetto dopo un'attesa lunga nove anni.

L'inizio di un ciclo che cambierà la storia del calcio italiano e internazionale, perché il presidente non vuole soltanto vincere: intende dominare il gioco. Quella sfida al San Paolo, in fondo, ha deciso lo scudetto e molto di più.

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