Da "eterni secondi" al sogno Europa: il volo del City

Il Manchester City è ormai il primo club della città: 138 punti in 7 anni il distacco inflitto allo United. Scopriamo la storia di un club a lungo "eterno secondo" in città

Da "eterni secondi" al sogno Europa: il volo del City

La storia del Manchester City è complessa, un'alternanza di gloria e oblio prima della lunga decade degli sceicchi emiratini che hanno portato i Citizens nell'élite del calcio inglese e europeo. Forse stabilmente.

Il volo del City e l'effetto-Guardiola

I numeri dell'effetto-Dubai sui Blu di Manchester sono chiari e inequivocabili. Dall'acquisto del club da parte dello sceicco Mansour bin Zayed tramite l'Abu Dhabi United Group nel 2008, la squadra ha ottenuto il primo trionfo di peso dopo mezzo secolo vincendo la Fa Cup nel 2011 e conquistando la Premier League, che mancava dal 1968, nel 2012 sotto la guida di Roberto Mancini. Dopo un altro acuto, il quarto della storia, nel 2014, con Manuel Pellegrini alla guida il City si è consolidato con l'arrivo di Pep Guardiola nel 2016.

Cinque titoli in sei stagioni, l'ultimo dei quali conquistato negli scorsi giorni trascinato dai 36 gol di Erling Halaand, hanno segnato una vera e propria "dittatura" della squadra di Guardiola ln Premier League. Prima squadra inglese a superare i 100 punti in campionato nel 2018, il City nel 2019 in patria ha vinto quattro trofei: la Premier League, la Fa Cup, la Coppa di Lega e la Community Shield, la Supercoppa inglese.

Dopo una pausa nel 2020, quando il titolo è andato ai Reds del Liverpool, il City ha ripreso la marcia: tre titoli consecutivi di Premier League nel 2020-21, 2021-22 e 2022-23, con Guardiola arrivato a quota cinque titoli e dieci in carriera tra Spagna, Germania e Inghilterra, sono stati seguiti dagli acuti europei. Dopo la prima finale di Champions League della storia del club persa a sorpresa contro il Chelsea nel 2021, il City partirà nuovamente favorito contro l'Inter a Istanbul il 10 giugno. Guardiola vuole rompere un digiuno europeo lungo dodici anni, il City stabilire una prima volta storica.

Il City? Ora surclassa lo United: 138 punti di distacco in sette anni

In mezzo, il 3 giugno, i Citizens hanno affrontato e battuto a Wembley i concittadini del Manchester United, nell'ultimo decennio inesorabilmente relegati a seconda squadra della città dopo anni di supremazia, nella finale di Fa Cup. La partita è stato un crocevia importante, perché segna un ribaltamento storico. Forse per la prima volta, esplicitamente, anche la critica inglese è stata certa: per lo United la soddisfazione più grande per poter salvare la stagione sarebbe stata quella di battere il City e alzare al cielo la Fa Cup. Allo United quest'anno il campionato ha arriso con un terzo posto in rimonta, garanzia per la qualificazione alla prossima Champions, ma i -14 punti dal City incassati anche quest'anno peggiorano un passivo che negli ultimi anni ha visto i Red Devils in aperta sofferenza.

Dal 2015-2016, anno del trionfo del Leicester in cui lo United e il City conclusero pari a 66 punti, il City ha staccato lo United in ogni stagione infliggendogli complessivamente un passivo di 138 punti in sette stagioni, di cui cinque vinte. Sembra ormai un ricordo il tempo in cui il City era l'eterno secondo della storica città industriale. Una fase da cui è riemerso in forma dirompente per emergere ai vertici del calcio europeo.

Quando i Citizens erano i numeri due

Il City, che nella sua storia affonda le radici a club calcistici fondati nel lontano 1880, fu nel 1904 il primo team di Manchester a vincere un trofeo, proprio la Fa Cup. Per lunghi decenni, tuttavia, assieme allo United il City fu relegato a livelli di medio-basso cabotaggio nel calcio inglese salvo poi venir surclassato a partire dagli Anni Cinquanta dai cugini.

Tra il 1952, anno del primo titolo dello United, e il 2012, anno del ritorno in scena dei Citizens, agli azzurri di Manchester non restarono che le briciole. Lo United ebbe le fasi di gloria dell'era di Matt Busby, culminate nella vittoria della Coppa dei Campioni nel 1968, trionfarono in diverse Fa Cup negli Anni Ottanta e ebbero poi di fronte a loro la lunga epopea di Sir Alex Ferguson, che con lo United trionfò due volte in Europa e tredici volte in Inghilterra tra il 1987 e il 2013. Da allora in avanti, le fortune si sono invertite. E il City è uscito dall'alveo del ruolo di seconda squadra della città, altalenante tra prima e seconda divisione, precipitato addirittura in terza lega nel 1998, il punto più basso della storia dei Citizens.

In questi decenni ben pochi furono gli acuti. Il City ebbe una fase di fugace gloria tra il 1968, quando di fronte ai Red Devils campioni d'Europa riuscì a conquistare la First Division, e il 1974, quando con un gol dell'ex Denis Law riuscì addirittura a far retrocedere i rivali cittadini in Championship. Ma per il resto giocò lunghe stagioni buie, di basso livello e con la vittoria nel derby cittadino come unico obiettivo. Tanto che, tornato in Premier League nel 2003, quando al City riuscì di battere 2-1 lo United e tornare alla vittoria dopo tredici anni i tifosi festeggiarono come se avessero vinto un trofeo.

Erano periodi in cui trovare un motivo per sostenere il City era difficile, a Manchester. Noel Gallagher, assieme al fratello Liam storico frontman degli Oasis, addirittura raccontò al Guardian, nel 2000, che l'unico motivo per il tifo del City della sua famiglia nativa di Manchester erano rivalità famigliari: "mio padre odiava i suoi fratelli. Erano tutti irlandesi che sono venuti qui e hanno deciso di sostenere lo United. Mio padre ha scelto City invece, solo per farli incazzare. Non c'è altra ragione se non questa. Liam e io avremmo dovuto essere di diritto fan dello United". Negli anni del declino, i tifosi del City erano considerati tra i più imprevedibili e creativi d'Inghilterra, sempre intenti a colorare di blu celeste e con le loro grandi banane gonfiabili gialle tutti gli stadi d'Inghilterra.

Il fragile team amato dai Gallagher, spesso dannato a una gloriosa mediocrità, era la "seconda squadra del cuore" di molti inglesi in un sentimento di repulsione per il dominio dei Red Devils e la strabiliante continuità di Sir Alex. Lo humor dissacrante, irriverente e i cori da curva del City hanno rappresentato un tratto distintivo per una genuina simpatia che proprio la trasformazione del City in club vincente ha fatto, gradualmente, evaporare.

Quale futuro?

Oggi il City è considerato emblema della superiorità della Premier League come torneo ma anche di uncalcio "globalizzato" in cui la natura industriale e finanziaria dei potentati che lo sostengono ha sostituito valori sportivi e ideali. Il City ha cessato di essere, nell'immaginario, un simpatico perdente ed è diventato il simbolo dell'Oil Football avversato da molti tifosi puristi del calcio inglese.

Va detto - a onor del vero - che lo United non ha certamente costruito i suoi successi fondandosi sul proletariato urbano della Manchester industriale e che negli anni ha avuto soci forti come gli attuali proprietari, i tycoon americani della famiglia Glazer, BlackRock e addirittura George Soros. E che la concorrenza del City è stata tra proprietà come quella russa del Chelsea e gli americani del Liverpool e dell'Arsenal. Certo, molti sono i limiti soprattutto morali dello sport-washing insito negli acquisti di club da parte degli Emiri del Golfo.

Ma in quest'ottica, gli avversari del club inglese più discusso non giocano certamente con armi differenti. "It's the economy, stupid", diceva Bill Clinton in campagna elettorale nel 1992. Così va il mondo. Può piacere o meno, ma accusare solo il club di questa deriva sarebbe quantomeno riduttivo.

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