Manchester City imbattibile? La chance dell'Inter per spuntarla

La storia recente insegna che, se li affronti a viso aperto, gli uomini di Guardiola ti divorano. In Premier si sono impantanati con le piccole, quelle tutte difesa e contropiede

Manchester City imbattibile? La chance dell'Inter per spuntarla

Fossimo dentro un film degli Avengers - e comunque poco ci manca, considerata la prestazione di ieri sera - oggi doctor Strange ci starebbe quantomeno comunicando che in tutti gli universi possibili, in qualsivoglia pertugio del destino, il Manchester City risulta strafavorito per sollevare la prossima Champions League. Eppure c'è sempre un allineamento spazio temporale in cui le cose vanno a finire diversamente. Anche uno soltanto. L'Inter deve infilarsi in quella faglia lì, per tentare di spuntarla il prossimo 10 giugno a Istanbul. Perché il City che ha sbranato il Real pare sinceramente "ingiocabile". Ritmi forsennati. Uscita di palla cristallina e fluida. Una caterva di soluzioni per trovare lo specchio. Soltanto nel primo tempo contro i Galacticos - non esattamente una compagine parrocchiale - i ragazzi dell'effervescente Pep hanno completato 100 passaggi puliti. Vogliono il treble a tutti i costi. Ambiscono alla Champions con devozione ferale, per chiudere il dispendioso cerchio di Mansour. Domarli sarà intricato. Ma ci sono alcuni precedenti in Premier che, sommati a certi accorgimenti tattici e morali, devono indurre una riflessione accurata.

Quegli inciampi in campionato

A pensarci adesso non sembra, ma c'è stato un tempo in cui - era tra novembre e aprile - i Citizens arrancavano dietro l'Arsenal in campionato. Il motivo? Ripetuti inciampi con le squadre minori della Premier. A novembre scorso, per esempio, il Brentford - certo sorprendente nell'ultimo biennio, ma pur sempre modesto - sbancava l'Etihad 1-2. A dicembre era l'Everton, in lotta salvezza praticamente per tutto il tempo, ad incagliare sul pareggio (1-1) Pep. Che ad aprile si bloccava poi al City Ground, impattando 1-1 contro il Nottingham Forest. E cedeva di misura ad una big, il Tottenham, una manciata di giorni più tardi. Casuali incidenti di percorso? Non proprio. Andando a ritroso si intercettano comuni suggestioni. Tutte queste squadre hanno sfoderato un tratto identitario. Hanno compreso che giocare ad armi pari contro il City significava consegnarsi ad un tritatutto. E si sono umilmente disposte tutte dietro la linea della palla, intasando ogni spazio, affogando la manovra ariosa del City. Per poi indovinare due, a volte tre contropiedi giusti. Atteggiamento da provinciale? Forse, ma pare l'unico modo. Rispolverare Mou contro il Barcellona e quel bus davanti alla porta non può far male. In campo aperto ti eludono con aliena disinvoltura. Ma se lo spazio si comprime diventano clamorosamente più umani.

Recupero palla furente: il possibile effetto sorpresa

Se pressa alta, l'Inter rischia di sanguinare presto. Altra cosa è l'immediato tentativo di recuperare palla. Una attitudine congenita a tutte le squadre di Guardiola, che raramente la patiscono dalle avversarie. Fare esattamente come loro, seppur non con la medesima abilità, potrebbe stranirli. Il City non è abituato a gestire squadre che adottano atteggiamenti speculari. Semplicemente scende in campo e comanda. Ben venga dunque consegnare il possesso palla - tanto lo strapperebbero lo stesso - a condizione di addentarli appena la smarrisci. L'Inter si è dimostrata fenomenale quando si tratta di chiudere tutte le fessure. La quantità di clean sheet accumulati da Onana dovrà adesso fare i conti con il migliore attacco del torneo. Il 3-5-2 nerazzurro, meravigliosamente sincronico nelle ultime uscite (tradotto, Inzaghi difende in dieci) potrebbe complicare i piani del City più dell'arioso 4-3-3 di Carletto.

Troppe fonti di gioco: serve il sussulto della classe operaia

L'Italia è un paese di sessanta milioni di commissari tecnici. Facile allora sentir ciarlare di quel che dovrebbe fare Inzaghi nei ristoranti lussuosi di una metropoli, così come nelle peggiori bettole di periferia. Ultimamente ha preso piede una corrente che predica un concetto fumoso: otturare le fonti di gioco del City, così il pallone non arriva davanti. Facile a dirsi, molto meno a praticarsi. Ad una roba del genere aveva pensato pure Sir Alex Ferguson, quando giocò in finale contro il Barcellona di Messi. Lo racconta nella sua biografia, ricordando che il piano in teoria era perfetto. Il pallone non doveva arrivare alla pulce. Ma poi ci era arrivato lo stesso. Sembra quasi di rivedere quel contesto: se schermi Rodri o Gundogan quelli comunque possono impostare con Stones o pescare De Bruyne e Bernardo. Pep ha troppe soluzioni. La sfera arriverà comunque ad Haaland e compagni.

Dove non basta la tecnica - l'Inter è una squadra ottimamente costruita, ma il City è di un altro livello - bisognerà sopperire con la classe operaia. Acerbi, Darmian e Dimarco grattano già il paradiso con la nuca. Gli altri parametri zero o quasi pure. Hanno già corretto un destino avverso in molti modi.

Possono farlo ancora, con buona pace di Noel Gallagher, se a questo scenario si sommeranno le intuizioni dei Barella e dei Lautaro.

Per spuntarla servirà l'addizione perfetta. Il cuore lasciato sul campo può fare la differenza, ora e sempre. In fondo Tanos è enorme e vagamente blu come il City. E sappiamo tutti come è andata a finire.

Lautaro

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