"Come Calciopoli". Le telefonate dei dirigenti della Juventus

Nelle intercettazioni i dirigenti bianconeri parlano a ruota libera delle loro manovre per uscire indenni dalle verifiche della Consob: "Tanto la supercazzoliamo"

"Come Calciopoli". Le telefonate dei dirigenti della Juventus

Il quadro processuale della Juventus comincia a delinearsi dopo le richieste di rinvio a giudizio. Secondo la ricostruzione del Corriere della Sera, emergerebbe come la dirigenza bianconera speri di arginare la Consob. Tema della verifica sono le presunte plusvalenze sui giocatori. E in quei mesi si scatena un giro di telefonate nei quali i dirigenti della Juve parlano a ruota libera di quanto sta accadendo e studiano manovre difensive per uscire indenni da quella verifica. Ignari che, dal 14 luglio, in ascolto c'è la Guardia di finanza.

La ricostruzione

"Tanto la Consob la supercazzoliamo". L'espressione cara al film Amici miei è di Stefano Cerrato. Dopo aver parlato dell'affare Arthur-Pjanic con il suo predecessore Stefano Bertola (capo dell'area business), solleva la cornetta per fare la stessa cosa con Roberto Grossi, revisore di Ernst&Young per dirgli di aver preparato la relazione: "Penso, che però, sarebbe opportuno dargli (alla Consob, ndr ) un riferimento più o meno di principio contabile o di qualche cosa, cioè posso io supercazzolarli in modo più raffinato? Invece di dire solo questo?". Si tratta di memorie che, secondo i magistrati, sarebbero state scritte proprio con l'aiuto del revisore: una presunta stesura a quattro mani che sarebbe confermata da un'altra intercettazione, del 26 ottobre. E il giorno dopo, Grossi consiglia Cerrato di non usare il termine "aleatorietà", che "è troppo forte", ma di prediligere "soggettività". E aggiunge: "Non dite che non usate Transfermarkt, dite che qualche volta lo usate".

"Non ci possono fare niente"

Sotto accusa ci sono le presunte plusvalenze artificiali e le manovre stipendi sul differimento delle mensilità dovute ai calciatori nei mesi di pandemia. E proprio le plusvalenze sono al centro di una lunga conversazione tra il ds Federico Cherubini e Bertola. La sera del 22 luglio i due prenotano un tavolo al ristorante Cornoler, a due passi dalla vecchia sede della Juve. Poco prima dell'appuntamento i militari del nucleo di polizia economico finanziaria riescono a piazzare le microspie. Sarà l'unica intercettazione ambientale dell'inchiesta, ma una delle più produttive, con oltre tre ore di conversazione captate. Si parla di pallone e affari, di plusvalenze e del capo dell'area tecnica Fabio Paratici, che da pochi giorni aveva lasciato il club."Io l'ho detto a Fabio (Paratici, ndr ):è una modalità lecita ma hai spinto troppo", dice Cherubini."E lui mi rispondeva: 'Non ci importa nulla, perché negli scambi se metti 4 o metti 10 è uguale, nessuno ti può dire nulla'...". Il ds insiste: "Fabio ha avuto carta libera". La discussione è tale che Bertola confida: "La situazione è davvero delicata. Io in 15 anni faccio un solo paragone: Calciopoli. Lì c'era tutto il mondo che ci tirava contro, questa invece ce la siamo creata noi".

Parole inequivoche per gli investigatori, ma che secondo un'interpretazione difensiva potrebbero avere un'altra chiave di lettura: un parallelo tra le difficoltà della società nel periodo post Calciopoli - con i

calciatori in fuga e la squadra in B - e l'attuale, con il caos Superlega e i bilanci in crisi per il Covid. Bertola non è mai andato a parlare con i magistrati. Per ora, per lui e gli altri indagati, parlano le intercettazioni.

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