Cambia l’orario, il caos sale in treno

Altro che l'alta velocità. Qui non si riesce nemmeno a cambiare l'orario del Gallarate-Domodossola. Si fatica a far arrivare puntuale il locale Pioltello-Sesto San Giovanni. E diventa una tragedia persino anticipare di qualche minuto il passaggio del Ladispoli-Cerveteri. Che ci volete fare? Siamo un Paese ormai ingessato, anchilosato, capace di muoversi verso il nuovo con la stessa agilità di un pachiderma sovrappeso e azzoppato. Un Paese dove non è vero che sbagliando s'impara. Purtroppo, qui da noi, sbagliando s'impera.
Da lunedì i pendolari di tutta Italia sono in rivolta. Trenitalia ha cambiato l'orario promettendo anche di riorganizzare e potenziare un servizio che da sempre mostra più lacune della cultura teologica di Alba Parietti. Evident\emente, nonostante le promesse, l'esordio non è stato perfetto. Ci sono stati disagi, disservizi, qualche carrozza al freddo, qualcuna sporca, qualche riduzione di spazio ingiustificata, ritardi a non finire. E la rivolta contro il cambiamento d’orario del Colleferro-Zagarolo o dell’Airuno-Carnate non può che confermare l'impressione: questo Paese non sa cambiare con la rapidità che i tempi oggi richiedono. Fra l'altro il nuovo orario segna l'inizio ufficiale dell'era dell'Alta velocità: prevede infatti il primo tratto Tav, quello tra Roma e Napoli, che dovrebbe entrare in funzione già prima della fine dell'anno. Ma come si farà a completare l'ambizioso progetto dell'Alta velocità, se persino la trasformazione di un Espresso in un Intercity genera crisi di panico e di sconforto?
Certo: le Fs in questo caso hanno persino qualche giustificazione. A cominciare dal fatto che il nuovo orario è stato accolto lunedì con uno sciopero. E già questo la dice lunga sulla volontà del sindacato di partecipare davvero al miglioramento del servizio. Ma come? Per anni dicono che l'azienda deve cambiare tutto e poi appena l'azienda prova a cambiare qualcosa, zac, le piazzano lì, con un pretesto qualsiasi, un blocco totale che scatena il caos. Vi pare? Come diceva il saggio: siamo un popolo di moribondi, ma con ancora sufficienti energie suicide.
E poi bisogna anche considerare che ogni cambiamento, inevitabilmente, qualche disagio lo porta. Forse sarebbe meglio evitare le proteste un po' avventate, come quella del pendolare che l'altro giorno in Lombardia ha bloccato da solo un'intera linea per lamentare un problema di scomodità strettamente personale. E sarebbe meglio evitare anche certe esagerazioni, come quelle di chi, fra un'azione legale e un'occupazione, compila lunghe articolesse, tirando in ballo niente meno che Habermas e la «coscienza di classe dei pendolari». Addirittura. E la filosofia hegeliana del wagon-lit? Ce la siamo dimenticata? A quando la teoria dell’alienazione a vapore? A quando il manifesto proletario del locomotore accelerato?
Diceva Andreotti ai suoi tempi ruggenti che ci sono solo due tipi di pazzi: quelli che si credono Napoleone e quelli che vogliono risanare le ferrovie. Forse è vero. Ma è possibile che non si riesca nemmeno a far funzionare un treno locale? Così, semplicemente, senza bisogno di Habermas e di rivoluzioni. Magari con qualche sensata riforma, ecco, quella sì. Una ricerca di poco tempo fa ha dimostrato che, considerando gli orari ferroviari, su molte tratte i treni impiegano oggi più tempo di quello che impiegavano nel 1939, quasi settant'anni fa. Ma vi pare possibile? Il mondo sta correndo. E noi, invece, non solo blocchiamo l'Alta velocità, ma incontriamo parecchie difficoltà persino a far arrivare in tempo l'Intercity da Voghera.

Fateci caso: continuiamo a proclamare di volere il futuro e rimaniamo invece impantanati nel nostro peggiore passato. Non abbiamo mai un briciolo di fermezza su nulla. In compenso, così, rischiamo di rimanere fermi per sempre.

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