Camion bomba uccide il Bin Laden ceceno

Gabriele Villa

Fine di un incubo. Shamil Basayev, leader dei terroristi ceceni, l’uomo che aveva rivendicato i più sanguinosi attentati legati alla guerriglia indipendentista, su tutti la mai dimenticata strage nella scuola elementare di Beslan del settembre 2004, costata la vita a 340 persone fra cui 156 bambini, è stato ucciso la scorsa notte nel villaggio di Ekazhevo, non lontano dalla capitale dell’Inguscezia, Magas. Sul suo capo pendeva una taglia di 10 milioni di dollari. Spina nel fianco di Putin e dei suoi predecessori al Cremlino, Basayev, secondo i servizi russi, stava preparando una clamorosa operazione in Inguscezia, piccola Repubblica del Caucaso russo confinante con la Cecenia, per offuscare l’immagine di Mosca in concomitanza col vertice dei G8 in programma a San Pietroburgo dal 15 luglio. Ancora tutta da chiarire la dinamica di quella che, tra mille ombre, ha tutta l’aria di essere un’operazione d’intelligence, condotta da reparti speciali russi. E nella quale, secondo il capo del Fsb, il servizio segreto russo, Nikolai Patrushev, oltre a Basayev sarebbero rimasti uccisi altri dodici guerriglieri. Un’operazione delicatissima, «partita da lontano - ha tenuto a precisare il capo dell’ex Kgb - e resa possibile soltanto grazie ai controlli e ai pedinamenti effettuati dagli agenti russi operativi all’estero, soprattutto nei Paesi dove i terroristi si rifornivano di armi». Una parziale ricostruzione dei fatti è stata fornita ai giornalisti dal vicepremier inguscio Bashir Aushev: «Basayev - ha raccontato Aushev - è morto nell’esplosione del camion, un Kamaz, imbottito con cento chili di tritolo, che è esploso nel villaggio di Ekazhevo, alle due di notte, la mezzanotte italiana, al passaggio di alcune automobili, sulle quali si trovavano, oltre al numero uno dei terroristi ceceni, anche altri guerriglieri. Il corpo di Basayev è andato in pezzi e il super latitante è stato identificato dalla testa e da alcuni brandelli». Non è chiaro se per un errore dei guerriglieri, per un colpo casuale o per una precisa intenzione delle teste di cuoio russe, il camion è esploso. La deflagrazione è stata violentissima. Nell’operazione sono stati uccisi altri dieci o dodici guerriglieri, stando ai servizi russi: fra essi è stato identificato Ali Taziev, mandante dell’uccisione, nel maggio scorso, del viceministro degli Interni inguscio Zhabrail Kostoiev, avvenuta proprio a Ekazhevo. Basayev, secondo gli uomini del Fsb, si preparava ad agire già nelle prossime ore: l’esplosivo sarebbe servito a un attentato probabilmente diretto contro il ministero degli Interni nella capitale dell’Inguscezia. Rimasti orfani del loro leader carismatico, gli uomini di Basayev hanno subito alimentato le voci di un giallo e, per screditare le autorità russe hanno pensato bene di reagire facendo controinformazione. Nel sito degli indipendentisti ceceni, Kavkaz Center, si legge infatti che «a uccidere Shamil Basayev è stato un tragico incidente e non, come si vuol far credere, una brillante operazione delle forze russe visto che un camion, che trasportava esplosivo è saltato in aria per errore». Indipendentemente da come sia andata comprensibile l’esultanza di Vladimir Putin che, annunciando ricompense e decorazioni per tutti i militari che hanno preso parte all’azione ha dichiarato che «la morte del leader ceceno Shamil Basayev e dei suoi, è una giusta vendetta per la morte dei nostri bambini a Beslan, per quello che è successo a Budyonnovsk, per tutti gli atti terroristici che loro hanno commesso» mentre l’ex presidente Boris Eltsin ha definito la morte di Basayev «una inevitabile punizione, che prima o poi raggiunge tutti quei criminali che alzano la mano contro il loro popolo». Laconico il comunicato dell’Amministrazione Bush: «Era un terrorista».

I resti del capo guerrigliero saranno ora sottoposti ad analisi del Dna, anche se i servizi russi si dicono sicuri al cento per cento della sua identità. Mosca vuole evitare speculazioni come quelle che accompagnarono l’uccisione del presidente Zhokar Dudaiev, rimasto a lungo vivo nell’immaginario dei filo-indipendentisti

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