CANE DA GUARDIA A CORTO DI IDEE

La Commissione Europea tira ufficialmente le orecchie all'Italia. Ha infatti adottato una relazione «nella quale constata che il bilancio dell’Italia ha superato, seppur lievemente, la soglia del 3% del Prodotto Interno Lordo (Pil) nel 2003 e nel 2004» e che è probabile che tale sforamento possa avvenire anche nel 2005, se non si prendono provvedimenti. Tutto questo è previsto nel trattato dell'Unione europea all'articolo 104, al paragrafo 3.
La cosa non consola ma, comunque, va ricordato che non siamo i primi. Francia e Germania, in questo, ci hanno preceduto e sui loro sforamenti l'Unione ha steso un velo. Il problema è che questo richiamo avviene in Italia in un momento in cui si discute molto di euro e di Europa. Tutto questo avviene dopo che la Francia con il 55% dei voti contrari e l'Olanda con il 63% dei voti contrari, non hanno ratificato il trattato costituzionale europeo.
Diciamo questo perché le cose evidentemente sono legate. Non c'è dubbio infatti che i cittadini francesi e olandesi abbiano parlato a suocera perché nuora intenda. La suocera, in questo caso, è il trattato, la nuora è l'Europa dei burocrati e dei tecnocrati che controlla, giustamente, il 3% ma non sa, ingiustamente, governare l'economia e la moneta.
Un limite «costituzionale» alla spesa pubblica, nell'Europa di fine '900 era desiderabile. Questo limite decretò la fine del modello di sviluppo basato sulla spesa pubblica e ciò era richiesto, come abbiamo detto altre volte, non da un'impostazione ideologica ma dalla tenuta dei conti dei diversi Stati.
Se tre grandi Paesi il nostro, la Francia e la Germania, hanno problemi vuol dire evidentemente che c'è un problema di fondo. Qual è? È che si può tagliare fino ad un certo punto ma alla fine, se c'è bassa crescita è ben difficile tenersi dentro ai limiti del deficit. È facile arrivare a sforare.
Se allora il problema è quello della crescita non è possibile pensare di poter risolvere i problemi con un'Europa che è solo capace di fare il cane da guardia e non sa mettere in campo politiche che favoriscano lo sviluppo dell'economia.
Ha scritto bene Giulio Tremonti vicepresidente del Consiglio, sul Frankfurter Allgemeine chiedendo all'Europa che cominci a muoversi in tre direzioni: la protezione e le imprese europee attraverso il controllo delle regole del gioco (vedi Cina); una politica fiscale europea che faccia dell'Europa un luogo attrattivo per le imprese; una politica che incentivi lo sviluppo delle imprese dell'economia e dei Paesi membri.
Non è tradire gli ideali europeistici occuparsi della borsa della spesa, delle tasche dei cittadini, della vita delle imprese. Non lo è in generale ma soprattutto non lo è nel mondo globalizzato dove la forza economica è quella che può consentire anche all'Unione europea di giocare un maggior ruolo geopolitico sulla scena internazionale. Difficile per l'Europa giocare un ruolo, come quello che vuole, da una posizione di debolezza economica.
È arrivato il momento, anzi si è già fuori tempo, per ripensare una Unione europea a partire da una serie di misure di politica economica e di politica monetaria che diano a questa Unione una maggiore statura politica. Il cittadino europeo è un cittadino che giudica l'Europa dal proprio punto di vista che è quello del Paese in cui vive. È abituato a sentir parlare del 3% nel rapporto Deficit/Pil, del 60% nel rapporto tra debito e Pil, delle regolamentazioni che i Paesi debbono recepire dall'Europa, dei problemi causati dall'euro. Quando sente parlare dell'Europa a livello dei valori sente parlare un linguaggio piuttosto lontano, spesso astratto e che alla fine ripete, come un ritornello che in Europa è bene starci perché siamo europei. E che non possiamo tradire la nostra storia.

Tutto vero, e basterebbe anche se a dirlo fosse un'accademia culturale. Siccome è uno dei soggetti politici potenzialmente più importanti nel mondo occorre che inizi a far vedere frutti positivi della propria azione nella vita quotidiana.

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