Cannavaro e Trezeguet vuotano il sacco

Due ore a testa davanti ai pm. L’azzurro: «Non sarò più sentito». Il francese: «Contento di essere venuto»

da Roma

Due ore a testa davanti ai giudici prima di ritornare con la testa al mondiale. Fabio Cannavaro e David Trezeguet ieri si sono presentati alla procura di Roma per rispondere ai pm Maria Cristina Palaia e Luca Palamara. Interrogati come «persone informate dei fatti», lo stopper e il centravanti hanno spiegato i rapporti veri o presunti con la Gea. Verbali di interrogatorio secretati come avviene di sovente per i testimoni sentiti sul caso Gea. Nessuna dichiarazione dai magistrati, solo timidi sorrisi da parte dei due giocatori. Il solito gioco delle parti degli interrogatori. Accompagnati dai legali dello studio Chiusano, il capitano della nazionale italiana e il bomber francese hanno cercato di dissolvere dubbi e spiegare il senso di certe intercettazioni.
Il nome di Cannavaro, al centro delle indagini anche per il passaggio dall'Inter alla Juve, appare in un'intercettazione telefonica dei carabinieri: è il procuratore del giocatore a lamentarsi con l'ex dg bianconero Moggi per il mancato utilizzo in Italia-Bielorussia valido per le qualificazioni mondiali, ricevendone una risposta irritata («chi se ne fotte, ma tanto chi glielo leva il posto da titolare nella nazionale, fino a che c'è il fiato nostro non ci so’ problemi»). Inoltre Cannavaro è stato sentito sulle modalità del suo trasferimento dall’Inter alla Juve nel 2004 e sui rapporti con la Gea. Secondo un’informativa dei carabinieri il calciatore è stato inserito nell’elenco degli uomini controllati dalla Gea, ma il suo procuratore Gaetano Fedele non fa parte, ufficialmente, dell’associazione. A Cannavaro è stato chiesto se abbia subito qualche pressione da Luciano Moggi per sollecitare l’Inter ad accettare lo scambio con il portiere Carini. Non sarebbero mancati riferimenti ai possibili pagamenti in nero, filone di indagini sul quale sono da tempo impegnati i pm.
Cannavaro ha cercato di fare buon viso anche all’uscita dalla procura. Pantaloni e maglietta casual, entrambi di color nero, e via per godersi il giorno di vacanza prima di tornare agli ordini di Lippi. «Da lunedì parliamo di calcio e di nazionale, adesso voglio ritornare dalla mia famiglia. I magistrati sono stati soddisfatti e hanno detto che non mi chiameranno più», ha riferito ai cronisti, prima di firmare autografi al personale della procura. Lapidario su quanto detto ai pm. «Sono tranquillo, mi hanno solo raccomandato di non parlare degli argomenti affrontati. Ed allora chiudo il telefonino e vado al mare».
A sua volta Trezeguet, presentatosi in anticipo di un’ora sull’appuntamento, dopo un volo diretto da Parigi, dovrebbe aver spiegato perché abbandonò il suo procuratore Antonio Caliendo per affidarsi al padre e se ci furono tentativi della Gea per farlo entrare nella «scuderia» presieduta da Alessandro Moggi. «Penso sia prematuro esprimere giudizi su quanto sta accadendo - ha detto il bomber prima di entrare nell'ufficio - si continua a parlare, ma bisogna aspettare di vedere come andrà a finire».
Idee da cui non si è smosso un paio d’ore più tardi. «È andata bene, sono contento di essere stato ascoltato.

I miei rapporti con Caliendo sono rimasti buoni. Ora posso partire tranquillo». Ma sul futuro calcistico è stato più vago: «È presto per parlarne, aspettiamo l’esito delle inchieste». Sull’ipotesi di finire alla Roma, la risposta è stata soprattutto cauta: «Vedremo».

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