Caos Libano, non si elegge neanche il presidente

da Beirut

«Avete due giorni», gridava lunedì l'infuriato ministro degli Esteri francesi Bernard Kouchner. Quelle due dita alzate, quel volto corrucciato segnalavano un inequivocabile, imminente disastro. Non per tutti i libanesi. Non almeno per l'opposizione filo-siriana. Hezbollah, gli sciiti di Amal, i cristiani del generale Michele Aoun l'hanno dimostrato respingendo l'ennesimo compromesso. Hanno snobbato i nomi dei candidati alla presidenza selezionati dal patriarca maronita Nasrallah Sfeir, si sono nuovamente arroccati intorno al generale Michel Aoun, l'ex nemico numero uno della Siria trasformatosi, nel nome del sogno presidenziale, in fedele e utile alleato di Damasco e Hezbollah. Così per la quarta volta dalla fine di settembre è saltata la convocazione del parlamento prevista per oggi e l'elezione del successore del presidente Emile Lahoud.
Ma adesso il tempo è scaduto. O meglio scadrà alla mezzanotte di venerdì quando il presidente in carica lascerà il suo ufficio. Se la maggioranza fedele al premier Fouad Siniora e l'opposizione filosiriana non avranno a quel punto trovato un compromesso, il Paese sarà pronto a scivolare nell' «abisso» prefigurato dal segretario generale dell'Onu Ban Ki Moon. Di quell'abisso favoleggiano già le voci di una Beirut spaventata ed allarmata. L'ipotesi prevalente, avvalorata dalle minacce del segretario generale del Partito di Dio, Hasan Nasrallah, e dallo stesso Lahoud, è la nomina - per decreto presidenziale - di un governo d'emergenza contrapposto a quello del premier Siniora e affidato al capo di stato maggiore Michel Suleiman.
A parole tutti giurano sulla buona fede del generale protagonista del ritorno dell'esercito nel Sud e della sudata e sanguinosa riconquista del campo profughi di Nahr al-Bared occupato dai miliziani di Al Qaida. Ma sono parole «dovute» per un generale capace, grazie a una condotta impeccabile, di far dimenticare una nomina voluta e imposta dal "leone di Damasco", Hafez Assad.
A quel passato qualcuno aggiunge la macchiolina, ancora presente, di una sorella sposata a un alto esponente del regime siriano. Il governo provvisorio nominato dal presidente uscente potrebbe non solo contrapporsi ai fedelissimi del governo Siniora, ma anche, secondo alcune voci, offrire copertura ai manipoli di Hezbollah pronti a prendere il controllo dei principali ministeri e delle strade che collegano la capitale a Damasco e al sud di Beirut.
Scenari da guerra civile, resi più vividi, nella paura collettiva, dai cavalli di Frisia e dai reticolati tornati a ricamare le strade di Beirut. Qualcuno come l'ex ambasciatore Mohamad Chatah, il più ascoltato consigliere di Siniora, spera in una soluzione dell'ultimo minuto.


«Per salvare il Paese - spiega a "Il Giornale" - siamo disposti a rinunciare ai nostri candidati e a offrire all'opposizione la scelta fra i due nomi considerati più neutrali. Se continueranno a chiedere Aoun, allora ogni sforzo sarà inutile, ma sarà chiaro che il loro scopo è solo uno: tenere in ostaggio il Paese».

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