Il caporale Cristina e le altre: ecco chi sono le donne al fronte

Ferita nell’attacco di ieri anche una ragazza, il caporale Cristina Buonacucina. In prima fila dall’Irak all’Afghanistan, le giovani in uniforme non vogliono essere chiamate "soldatesse", ma solo soldati

Il caporale Cristina e le altre: ecco chi sono le donne al fronte

Tutte si sentono allo stesso livello dei maschi, pronte a premere il grilletto se i talebani ti sparano addosso. Qualcuna ha il mito del Soldato Jane, il film interpretato da Demi Moore sulla prima donna che supera le dure prove per entrare nei corpi speciali americani. Le «soldatesse» italiane montano la guardia, vanno in pattuglia, sono cadute in imboscate e talvolta rimangono ferite.

Il caporale Cristina Buonacucina, 27 anni, di Foligno era l’addetta alla radio dentro il blindato Lince che è saltato in aria in Afghanistan, alpina della brigata Taurinense. Cristina ce l’ha fatta, ma l’hanno evacuata in elicottero per sottoporla a un intervento chirurgico.
Non è la prima alpina ferita in Afghanistan. Il 26 settembre 2006 un’altra colonna italiana è finita su una trappola esplosiva nel distretto di Chahar Asyab, 10 chilometri a Sud di Kabul. Un morto e cinque feriti, compresa il caporale Pamela Rendina, 24 anni, di Napoli.
In Afghanistan sono 83 le donne in prima linea, che operano pure in tutte le altre missioni all’estero. Proprio sulla stessa pista dell’attentato di ieri, che porta a Bala Murghab, ha avuto il suo battesimo del fuoco il caporale Francesca Scarabello.

Il mestiere del soldato l’ha scelto a 19 anni ed è diventata una passione che durerà tutta la vita. Caccia carri dell’8° reggimento alpini di Cividale, è caduta in un’imboscata nell’autunno 2008. «Poco prima di arrivare alla base siamo finiti sotto fuoco pesante. Sentivo le esplosioni dei razzi Rpg e il fischio dei proiettili - racconta il caporale friulano -. Dentro il blindato Lince comunicavo via satellite con il comando di Herat. E passavo le cassette di munizioni all’alpino che in ralla (la botola del mezzo, nda) rispondeva al fuoco con la mitragliatrice pesante».
Dal 1999 si possono arruolare nelle forze armate anche le donne. Per tutti gli incarichi, compresi paracadutista, pilota (18 su diversi tipi di aereo compresi i caccia bombardieri) o nelle truppe da sbarco. «Sono circa 9000 e la prima donna a diventare generale dovrebbe arrivare verso il 2030», spiega il colonnello Maurizio Mattei dallo Stato maggiore della Difesa.

Le donne soldato, dopo l’11 settembre, sono sbarcate in Libano, hanno tenuto duro in Irak e se necessario combattono in Afghanistan. Nella nostra caserma di Kabul, montavano la guardia con il volto coperto e i capelli ben nascosti sotto l’elmetto. Altrimenti i ragazzini di strada capivano che non erano uomini e le prendevano a sassate. Oriana Mazza è sbarcata in Libano a 21 anni. Occhi verdi, capelli raccolti e viso acqua e sapone, ha la grinta dei marines italiani. Per poter partecipare allo sbarco si è sottoposta allo «spacca ossa», un addestramento durissimo. «Per caparbietà, tipologia di addestramento e il fatto che non ci facciamo pestare i piedi da nessuno noi tutte siamo come il soldato Jane», sottolinea la giovane lagunare.

Il sottotenente di vascello Catia Pellegrino, 33 anni, sogna di diventare la prima donna al comando di una nave da guerra della marina italiana. Emma Palombi, 28 anni, è un tenente copilota dei C-130, i bestioni tozzi e grigi che volano per trasportare le truppe. La sua qualifica è «combat ready», pronta al combattimento.

Tutte hanno un portafortuna regalato dalla nonna o dal fidanzato, ma qualcuna nei reparti più tosti, come paracadutisti, alpini, o lagunari non ha dubbi: «L’incubo peggiore è il rapimento. In questo caso terrei per me l’ultima pallottola».
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