Il cardinal Martini ai milanesi: «Vi devo molto»

L’auditorium S. Fedele gremito per la presentazione del libro su Paolo VI

Il cardinal Martini ai milanesi: «Vi devo molto»

L’auditorium San Fedele gremito, la gente in piedi, accucciata sui gradini in attesa di ritrovare Carlo Maria Martini, l’arcivescovo che per 22 anni ha saputo raccontare ai milanesi la Bibbia con parole semplici. L’occasione è la presentazione del libro Paolo VI “uomo spirituale” a cura di Marco Vergottini, una raccolta di scritti e discorsi che, nel corso degli anni Martini ha dedicato al pontefice bresciano, di cui ricorre quest’anno il trentennale della morte. «Ora che vedo il libro mi stupisco di aver saputo tanto su di lui» ha confessato l’arcivescovo alla platea che lo ha accolto con applausi scroscianti. «È stato un atto di audacia e temerarietà chiamare una persona anziana, che non si sa se starà in piedi fino alla fine» ha esordito. In realtà Martini ha varcato l’ingresso e salito i gradini a passo spedito, con un bastone che più che sostenerlo gli è servito a salutare il pubblico e, nonostante la vecchiaia e la malattia, non ha perso il suo piglio elegante. «Vorrei ringraziare tutti voi per questa testimonianza di fede. Con tanti vostri gesti di bontà e di amore mi avete costruito come persona per cui vi devo moltissimo». Ha aggiunto: «Considero temerario anche l’avermi messo di colpo in questa fornace di emozione. Ogni persona che incontro qui mi ricorda tanti bellissimi momenti e mi riempie di sentimenti di ringraziamento». È stato monsignor Franco Giulio Brambilla, preside della facoltà di Teologia a illustrare le tappe del volume: ci sono affreschi sulle intuizioni di Montini, sul concilio, sul lavoro e l’Europa, c’è il capitolo dedicato a Gesù e quello più emozionante sulla morte che l’attore Ugo Pagliai ha letto alla fine della presentazione.
Secondo il curatore Marco Vergottini fra Montini e Martini esiste una parentela spirituale, per questo «parlando del papa l’arcivescovo gesuita rivelerebbe un po’ di sé». Ma è lo stesso Martini a precisare: «Mi sono sempre sentito molto diverso da lui, non ho mai pensato di imitarlo, ma sono stato senz’altro stimolato dalla sua figura. Per me è stato come un padre. Mi ha colpito molto un suo gesto successivo alla mia decisione di rinunciare a una parte della mia eredità: mi donò per l’istituto biblico da me diretto la stessa somma a cui io avevo rinunciato».
Sulla prossimità della morte Martini ha aggiunto: «Quando ha scritto quelle parole Montini era ancora lontano da quel momento, io mi sento invece nell’ultima sala d’aspetto. Mi impressiona la qualità della sua fede, tranquilla e abbandonata a Dio.

Io invece mi sono più volte lamentato con il Signore perché morendo non ha tolto a noi la necessità di morire. Sarebbe bello andare in paradiso per un sentiero fiorito, invece Dio ha voluto che passassimo per questo duro calle che è la morte ed entrassimo nell’oscurità che fa sempre un po’ paura».

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