Il migrante citato da Salvini. "Così mi sono integrato"

Dal Ghana all'Italia a 7 anni, Emmanuel Asare Tachie ora lavora a Mantova. "Se sei stato espulso vuol dire che hai sbagliato"

Emmanuel Asare Tachie
Emmanuel Asare Tachie
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Emmanuel Asare Tachie è un mantovano doc. Anche se è arrivato in Italia dal Ghana 24 anni fa, all’età di 7 anni, con la mamma single e il fratello. Il ragazzo è l’esempio di quello che dovrebbe essere l’integrazione nel nostro Paese. “Questa è l’immigrazione che ci piace”, ha detto Matteo Salvini commentando uno dei suoi video di TikTok. Sì, perché Emmanuel ha deciso di sbarcare sui social per trasmettere un messaggio e i numeri finora raggiunti parlano per lui. “Lo utilizzo per riuscire a farmi sentire, con la speranza che qualcuno mi ascolti e provi a integrarsi, perché sono il primo a dire che non è semplice, però i risultati poi arrivano, e sono soddisfacenti”, ci dice con spiccato accento mantovano. Lo abbiamo raggiunto telefonicamente prima che iniziasse il suo turno come macchinista.

Com’è stato il tuo percorso di integrazione?

“Ho fatto tutte le scuole qui, da piccolo dover imparare una lingua da zero, iniziare una scuola in cui non ti capiscono non è stato semplice. Sono cresciuto con una madre single, quindi a casa c'era poco e niente, perché era sempre a lavorare, e di conseguenza in adolescenza, ero sempre in giro con gli altri ragazzi. E mi sono reso conto che non era la strada da seguire perché non stavo ottenendo niente. Oggi purtroppo sono separato ma ho due figli”.

Secondo te l’integrazione è possibile per tutti?

“Onestamente a me infastidisce che a volte non ci sia volontà di integrazione, perché se cerchi la vita migliore e arrivi qui, trovi i modi per raggiungerla. Come il mio attuale collega, che è arrivato nel 2021: riesco a parlarci tranquillamente in italiano, a fare conversazione, e sta lavorando ormai da un anno e mezzo, su tre anni che è arrivato. Lui è la dimostrazione che se uno la volontà ce la mette le cose le ottiene, no?”.

Però tanti arrivano qui e delinquono.

“La giustizia italiana è troppo buona. Da me in Ghana se fai un reato difficilmente finisci in carcere, hanno un metro più punitivo. Per finire in carcere veramente vuol dire che l'hai combinata grossa. Qua finiscono in carcere e hanno da mangiare. Sono là, non manca niente, bene o male sopravvivono. Quindi non è questa mega punizione: finisci in carcere? Ok, sei recluso, però non ti manca niente, puoi farti una doccia, puoi mangiare. Non la prendono seriamente”.

Per questo in un video hai affrontato il tema dei rimpatri?

“Non dico di prendere il DNA, magari è esagerato, ma le impronte per riconoscere uno che prova a rientrare è giusto prenderle. Per ottenere il permesso di soggiorno le impronte le devi lasciare… Se vieni espulso vuol dire che qualcosa di sbagliato l’hai fatto, torni qui e cosa fai? Combini altro? In queste grandi migrazioni, purtroppo, un sacco di criminali ne approfittano per entrare e andar via dal Paese in cui non potevano più stare”.

Sono tanti quelli che entrano illegalmente.

“È la via più facile, giocano sul fatto che una volta che sei arrivato, tra un sussidio e l’altro, campi lo stesso. E la voce gira velocemente da quelle parti”.

Come mai in un recente video ti sei mostrato così coinvolto dal tema delle pensioni?

“Non riesco a digerirlo. Non hanno lavorato nemmeno un minuto in Italia e riescono a fargli ottenere la pensione minima. Non lo trovo giusto. Non è questa gran cifra, ma sono soldi che possono essere utilizzati per chi ha lavorato davvero in Italia. Io ne ho conosciuti di anziani che non arrivano a fine mese… Se quel poco che c’è lo suddividi anche con chi non ha mai lavorato in Italia, e ti assicuro che sono tanti, loro se ne approfittano… L’ho notato soprattutto negli indiani”.

Pensi che la tua storia possa essere d’ispirazione?

“Vorrei portare un aiuto nel concreto. C'è già un amico che qua si sta muovendo in quello che noi chiamiamo il “Bronx” di Mantova. Adesso stanno cercando di organizzare degli eventi e hanno rifatto i muri di alcuni palazzi con dei dipinti, coinvolgendo anche artisti internazionali.

Ora è in corso una petizione per il campo da calcio: vorrei mettermici dentro anch'io, perché è un qualcosa che mi interessa. Quello è un quartiere difficile, popolato da ragazzi di strada, in maggioranza stranieri. Riuscire a portarli in una direzione già da piccoli, fargli capire determinate cose, penso che possa aiutare”.

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