La Carfagna non abbandona la nave e per i finiani diventa un'incapace

Era la preferita di Bocchino. Ora invece la accusano: "Doveva difendere la Tulliani"

Roma - Il flirt è durato un attimo, e sia detto senza malizia. Nel giro di pochi giorni la Carfagna è passata dallo status di soave virgulto berlusconiano prossimo alla coraggiosa svolta futurista (Marinetti abbia pietà di noi) a meschino suddito berlusconiano perciò meritevole di bastonatura. Il solito webgiornale finiano, che la mattina si sveglia con l’unica preoccupazione di trovare una polemicuccia per sfuggire all’anonimato, ha individuato il nuovo bersaglio nella ministra delle Pari opportunità, già fedele amica di Bocchino, ora traditrice della causa. Perchè tra le ultime scoperte dell’eclettica destra finiana, dopo l’abbraccio ai migrantes, la benedizione dei coniugi gay, l’abominio dell’eredità post-fascista che pure gli ha dato un mestiere, ci si scordava del classico tema conservatore delle pari opportunità. I finiani della cosiddetta generazione Italia sono indignati (o almeno, fanno in modo di sembrarlo) perché la Carfagna non ha avuto nulla da ridire sulle varie castronerie di Gheddafi in tema di parità tra sessi e condizione femminile tra arabi e europei. Un pretesto come un altro per tirare la solita corda, nell’estenuante schermaglia dentro il Pdl dopo la scoperta finiana delle gioie del politically correct. Polemicuccia nella polemicuccia, sempre all’indirizzo della Carfagna, la riprovazione per il fatto che la ministra non avrebbe detto una parola nemmeno di fronte al brutale attacco mediatico cui sarebbe oggetto Elisabetta Tulliani, «rea solo di amare un uomo che ha avuto la colpa di “dissentire”», scrivono i futuristi (o futurologi?) in stile quarta di copertina collana Harmony. Polemicucce a parte, è lecito sospettare che solo qualche settimana fa il rimprovero alla Carfagna non sarebbe stato mosso. Non perchè nel frattempo sia cambiato qualcosa nelle fondamenta culturali del finismo in tema di femmine, cosa peraltro possibile vista la mutevolezza e l’elasticità del pensiero finiano. Trattasi di ragioni più propriamente dette di bottega. Il fatto (ma solo menti perfide come quelle che si annidano nei «giornali di famiglia» possono pensare) è che la Carfagna è stata oggetto di forte pressing da parte dei finiani, Italo Bocchino in primis, che della ministra è stato sponsor e amico, tanto amico da far malignare i gossippari (armati anche di fotocamera, vedasi Novella 2000) di un rapporto particolarmente stretto tra i due. Ma il pressing è finito male, e la Carfagna è rimasta berlusconiana, scansando il finismo come merce avariata. La cosa deve aver irritato non pcoo i nervi già esasperati delle fanzine di Gianfry, che hanno riposto i fiori utili per la seduzione ormai fallita, rispolverando il vecchio caro manganello. Ora la Carfagna è la custode indegna dell’alto valore delle pari opportunità. E pensare che fino all’altro ieri era invece degnissima, tanto che Italo Bocchino stesso si era speso per far istituire il Premio Pari Opportunità alla Mostra del cinema di Venezia, ospite d’onore ovviamente la Mara.

Lo stesso Bocchino che, come ha raccontato Dagospia, ha disseminato di sue persone lo staff della Carfagna al ministero, così per fornirle il know how. Adesso l’amore (politico, beninteso) è finito. E quando l’amore finisce, comincia la guerra, di solito la peggiore che ci sia.

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