CARO FAZIO, ATTENTO ALLE «SPARATE»

CARO FAZIO, ATTENTO ALLE «SPARATE»

A volerla buttare in politica, dopo aver visto le prime interviste di questa nuova stagione di Che tempo che fa? (venerdì, sabato e domenica su Raitre, ore 20.10) verrebbe la tentazione di chiamare subito il sondaggista Renato Mannheimer e chiedergli: quanti voti sposta il livore antiberlusconiano di Furio Colombo? Li sposta verso sinistra, è un altro dei ricorrenti autogol a favore della destra o aiuta semplicemente a capire come il bene prezioso della libertà d’espressione non vada mai confuso con il suo uso rancoroso e propagandistico? E Sabina Guzzanti? E Sergio Cofferati? E Mike Bongiorno? E Stefania Craxi? Quanti voti potrebbero spostare, in questo momento di grande fibrillazione politico-mediatica, le interviste agli ospiti di Che tempo che fa?. Siccome non vogliamo buttarla solo in politica, cercheremo di fare un discorso prima di tutto televisivo e diremo subito che la nuova stagione del programma di Fabio Fazio è partita con evidente determinazione: proseguendo nel suo progetto silenziosamente ambizioso, Fazio indirizza sempre più il programma sul versante del talk show «impegnato», su un tipo di modello giornalistico che non sposa la logica del contraddittorio a più voci (forse più corretto, ma spesso confuso e incomprensibile) e sceglie l’intervista «faccia a faccia» che nelle tv straniere è maggiormente diffusa rispetto alle nostre abitudini. Ne consegue una responsabilità non da poco, perché questo tipo di interviste richiede grande preparazione in chi le fa, buone domande, l’onestà di scegliere ospiti di differenti aree politiche, culturali, artistiche e di trattarli tutti con equanime incisività, senza usare il bilancino ma avendo a cuore ampiezza e ricchezza dei temi da portare all’attenzione. Soprattutto su tali aspetti verrà giudicato il «giornalista» Fazio nel corso della stagione, perché è evidente che il suo mestiere attuale si sta progressivamente allontanando dalle origini disimpegnate e confina ormai con questo ruolo e i conseguenti parametri di valutazione. In queste prime settimane Fazio, risentendo di un clima televisivo ad alto tasso di elettricità in cui tanti giocano a fare i piccoli Voltaire, ha cavalcato con eccessiva insistenza il ruolo di paladino della libertà d’espressione, pur stemperandolo con opportune dosi di ironia. Alcune interviste le ha tenute in pugno assai bene, come nel caso dell’interessante incontro con Cofferati, altre gli sono proprio sfuggite di mano come nel caso di Colombo che ha trasformato l’incontro in uno «sfogatoio».

Che tempo che fa?, per non compromettere la sua riuscita formula, avrà bisogno di ricordarsi che la libertà d’espressione è un bene fondamentale ma è molto importante usarla bene, senza commettere il delitto di sprecarla.

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