Casini, il leader sempre in saldo

Fa l’indignato coi suoi parlamentari pronti a passare al Pdl, ma è maestro di trasformismo: dal 2005 al 2008 ha cambiato schieramento sei volte. Alle ultime Regionali si è alleato pure con gli abortisti per avere poltrone

Casini, il leader sempre in saldo

Roma - I due forni non vendono più sfilatini ma alti princìpi e nobili intenzioni. Casini, detto solo casualmente Pierfurby, è veramente indignato, mortificato proprio. Si capisce, della compravendita di parlamentari, del trasformismo elevato a professione, di alleanze tattiche con chicchessia purché convenga, l’Udc non ne se nulla, quanto una verginella di kamasutra. Quel che succede tra i parlamentari siciliani dell’Udc, pronti a passare con il Cav, sta lasciando basita la segreteria centrista, poco abituata a scaltrezze di simile cabotaggio. «Vadano pure» ha mugolato Casini, tra il malinconico e il depresso. In effetti c’è la coerenza prima di tutto, anche sacrificando l’interesse. Nell’alleanza con Berlusconi l’Udc del resto ha sempre seguito una linea retta: prima alleato, poi dissidente interno fino al rimpastino di governo del 2005, poi rialleato nelle elezioni di primavera 2006 ma quindi ri-dissidente nel dicembre dello stesso anno col rifiuto di partecipare al corteo del centrodestra in piazza del Popolo, poi ri-rialleato e quindi ri-ridissidente nel 2008 col rifiuto di confluire nel Pdl e la scelta finale di stare all’opposizione. Sì, ma molto moderata, talmente moderata che ogni qual volta la maggioranza scricchioli, i berlusconiani sanno a memoria a che porta bussare per trovare qualche coraggioso disponibile a sacrificarsi per il bene della Nazione e per il bene di qualche posto da sottosegretario: l’Udc di Casini. Un partito in vendita? Guai a chi lo dice. Piuttosto, il vero erede (tra tanti figuranti e millantatori) della classe dirigente democristiana, l’unico partito depositario, insomma, delle formule alchemiche con cui la Dc sapeva perpetuare il proprio potere, delle aritmetiche segrete per sopravvivere ad ogni stagione scegliendo bene (anche con spregiudicatezza) gli alleati e distanziandosene qualora tiri brutta aria.
Pier Ferdinando Casini, un maestro della realpolitik, vecchia scuola, non per nulla delfino di Arnaldo Forlani. Seguito a ruota dagli altri dirigenti dell’Udc, vecchie volpi della politica. Come i freschissimi Rocco Buttiglione, Francesco D’Onofrio, Ciriaco De Mita, oppure Ferdinando Adornato, intellettuale e filosofo dell’Udc che ora deplora vivamente «la campagna acquisti del Cavaliere che non ha niente a che vedere con la politica delle alleanze ma che anzi è l’esatto contrario», una volgare «seduzione del potere» che peraltro lui stesso ha dovuto subire più volte: prima col Pci, poi col Pds, poi con Alleanza democratica di Willer Bordon, poi con Forza Italia, poi con l’Udc. Sempre sedotto e quasi sempre pure eletto.

Quanto a campagne acquisti e voti messi sul mercato, le ultime regionali hanno visto l’apertura in grande stile dei celebri due forni Udc. Si ricorderà che i centristi di Casini scelsero un modo tutto loro per la corsa elettorale. Un po’ col centrodestra, un po’ col centrosinistra, un po’ con nessuno dei due, un po’ coi i candidati dal certo curriculum cattolico, un po’ con gli ultra-laici, un po’ con chi poteva rivelarsi utile in base a calcoli probabilistici sulle chances di elezione dei candidati e quindi del peso che l’Udc avrebbe avuto in un successivo tavolo di trattative. Politica dura e cruda, si dirà, e infatti non c’è nessuno scandalo, a meno di non vestire i panni dei puri senza interesse. Si erano così ritrovati, loro che adesso si indignano di chi passa da qui a lì, a sostenere la «laicista» Mercedes Bresso in Piemonte, in una coalizione strampalata insieme ai Radicali pro-aborto e pro-eutanasia e pro-Ru486 (la «pillola assassina» per l’Udc), a Verdi anti-nucleare (mentre l’Udc sarebbe pro-nucleare) ai Comunisti anti-Tav (mentre i casiniani sono pro-Tav) all’Idv di Di Pietro (che per l’Udc parla di «politica da meretricio»...).

In Piemonte è andata male, con la sconfitta della Bresso. Peccato perché all’Udc, in cambio della partecipazione alla cordata laicista, era stata promessa la vicepresidenza e un assessorato pesante, tipo la Sanità, forse proprio per la compagna del vicesegretario Udc Michele Vietti.

Meglio è andata invece in Liguria, dove pure l’Udc ha dovuto superare l’indignazione di Casini per la compravendita politica, e allearsi con la sinistra estrema, quella pro-moschea a Genova, mentre l’Udc aveva raccolto le firme per non averla. Stessa elasticità in Parlamento, dove l’Udc ha fatto campagna acquisti tra Pd, gruppi misti e formazioni varie. Maestri indiscussi, ma indignati.

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