Casini scarica Fini e preferisce Rutelli: "Siamo una famiglia"

Per il leader centrista le quotazioni dell’ex An sono crollate Meglio puntare sull’ex Margherita: "C’è grande condivisione". L'Udc pesca nello stesso bacino di Fli e spera nella débàcle. Intanto ammicca al Pd

Casini scarica Fini e preferisce Rutelli: "Siamo una famiglia"

Roma - Ma a che gioco sta giocando Pier Ferdinando «Pierfurby» Casini? Fino ad ora a quello della bella pulzella contesa tra gli spasimanti, anche se qualcuno comincia a temere che, a tirare per le lunghe, finisca col somigliare alla sora Camilla (che tutti la vonno e nissuno la pija). Nel centrodestra c’è Bossi che non lo vuole, nel centrosinistra Di Pietro. E lui, Casini, dove vuole andare? In un terzo polo, in un partitone della nazione, in una maggioranza di responsabilità nazionale, o qualcosa del genere, anche se non è chiaro chi ci starebbe dentro e come. Soprattutto è sempre meno chiaro se, nei progetti casiniani, ci sia ancora Gianfranco Fini. Pare che in via dei due Macelli, sede Udc, ultimamente le quotazioni del presidente della Camera siano al ribasso. Molto al ribasso. Colpa della vicenda monegasca, che ormai è indelebilmente associata all’immagine (offuscata) dell’ex leader di An. Quando si parla di lui, anche tra i centristi con il pelo sullo stomaco (vecchia scuola Dc...), il pensiero corra non più a Montecitorio, ma a Montecarlo. Casini, che è una vecchia volpe della politica, sta cercando di capire dove va il vento, e da buon forlaniano aspetta prima di fare mosse azzardate. E in questo momento, in attesa di chiarimenti, la pratica «Fini» è troppo surriscaldata per le mani democristiane, meglio lasciarla perdere. Anche le parole di solidarietà, in verità più dovute che sentite, espresse da Casini un mese fa appena esploso lo scandalo del Tulliani-gate, sono parse troppo caute, persino a doppia lettura. Il leader Udc aveva condannato «lo squadrismo intimidatorio» messo in campo contro il «dissidente» Fini, ma aveva accompagnato l’esternazione con considerazioni molto più sfumate. Perché in fin dei conti Fini non avrebbe fatto niente di sbagliato, anche se c’è «la necessità di approfondire», ma «se io sono un bandito, lo sono sia che mi allei con Berlusconi, con Fini o con Vendola, se invece divento un delinquente se faccio una scelta e un santo se ne faccio un’altra, allora è doppiopesismo». Come difesa dell’amico Fini, non era sembrata proprio il massimo dello sforzo.

Lo scetticismo è cresciuto nel corso di agosto, perché la posizione di Fini non si è chiarita affatto nel frattempo. Meglio Rutelli, allora, che se ne sta in disparte ma almeno non è al centro di polemiche e presunti scandali famigliari (ieri l’elogio pubblico: «Con Api c’è una grande condivisione. È difficile trovare motivi di dissenso, che pure in una famiglia ci possono essere»). Meglio anche Bersani o D’Alema, addirittura, che non smettono di fare l’occhiolino al leader centrista. Meglio loro di Fini. Anche per una ragione di interesse concreto: il partito di Fini pesca nel medesimo bacino elettorale dell’Udc. Tendenzialmente al Sud, tendenzialmente moderato, tendenzialmente anti-leghista, insomma una specie di elettore centrista. Perciò, nella realpolitik democristiana, se Fini si indebolisce, anche se concorre al progetto di defenestrare il Cav per via parlamentare, in fondo non è un male. Anche perché, se ora Casini oscilla un po’ a destra e un po’ a sinistra, non c’è dubbio che senta come più naturale la collocazione del suo partito nel centrodestra, più che in una coalizione con la sinistra laica o ultralaica, a cui sembra voglia iscriversi anche Futuro e libertà. In questo senso, se trovasse i termini di un accordo col premier, Casini potrebbe transitare nel centrodestra occupando il posto dei finiani, che a quel punto si ritroverebbero col cerino in mano.

Un’ipotesi che Fini ha ben presente e che punta a scongiurare evitando di uscire dal Pdl, giocando la parte della vittima del dispotismo interno. Pierfurby è lì che aspetta la mossa sbagliata, con la calma fatalista democristiana di sempre. Quando sono gli altri a litigare, in fondo, c’è sempre da guadagnarci qualcosa.

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