Caso Scajola, non tutto torna L’ex ministro sei ore dal Cav

RomaAl di là dei riscontri oggettivi, c’è qualcosa che non torna nel caso Scajola. Chi c’è dietro l’intera operazione? Chi manovra i fili nell’ombra? Da giorni Silvio Berlusconi s’interroga sugli aspetti poco chiari che ruotano attorno all’inchiesta sugli appalti del G8, arrovellandosi senza ottenere una valida risposta. Che non trova neppure dopo il colloquio-maratona con il diretto interessato, l’ex ministro dello Sviluppo economico, che riceve per quasi sei ore, lunedì sera, a Villa San Martino. Un incontro necessario, conclusosi a tarda ora, anche per riequilibrare dal vivo un rapporto che - secondo indiscrezioni e retroscena comparsi sui quotidiani - si sarebbe incrinato, sull’onda di quella delusione crescente attribuita da più parti a Berlusconi.
Insomma, «voglio capirne di più», sarebbe stata la linea guida alla base dell’invito ad Arcore, spedito dal padrone di casa all’ospite ligure, nonché amico di vecchia data. Ed è un resoconto dettagliato, argomentato nei minimi particolari, quello che l’onorevole di Imperia fornisce vis-à-vis al presidente del Consiglio, alla presenza, solo nella parte finale della riunione, di Niccolò Ghedini, deputato del Pdl e avvocato del premier. Ma alla fine dei conti, rinsaldato - sempre che fosse stato necessario - il legame tra i due («Ho avuto un ulteriore attestato di solidarietà, Berlusconi è e resterà il mio punto di riferimento», avrebbe confidato ieri Scajola ad alcuni parlamentari a lui vicini), sul tavolo rimangono parecchi dubbi, condivisi dai presenti, a cominciare dalla tempistica di certe uscite, ad orologeria, ma anche a singhiozzo. Tanto che l’auspicio, ribadito dal Cavaliere, sarebbe quello di vedere conclusa, il prima possibile, l’azione giudiziaria intrapresa dai magistrati di Perugia. Affinché venga fatta piena luce su una vicenda che rischia di produrre effetti negativi a catena, dinanzi ad un giudizio non proprio lusinghiero espresso finora dai cittadini e dagli elettori del centrodestra.
Insomma, voltare pagina e farlo in fretta. Anche per arrivare con maggiore serenità alla nomina del successore di Scajola. Incombenza che Berlusconi vorrebbe espletare quanto prima, per liberarsi di un fardello che dovrà tenere ancora per un po’. Sul punto specifico, il nodo è sempre lo stesso: trovare un nome di peso all’esterno (vedi i tentativi di coinvolgere una donna imprenditrice: Emma Marcegaglia e Luisa Todini sono i due casi più noti), o muoversi all’insegna della continuità di gestione interna? E ancora, nel secondo caso: promuovere Paolo Romani - che ricopre già, però, un ruolo piuttosto delicato, avendo in mano la delega alle Comunicazioni -, oppure sostituire Scajola con un altro esponente politico d’area e di peso?
Non è una rogna di poco conto. Tanto che Umberto Bossi, tra il serio e il faceto, vedrebbe di buon occhio la prosecuzione dell’interim. «Berlusconi è il meglio che si poteva trovare per l’industria», commenta il Senatùr, forte di un teorema concreto. Ovvero, «se non se ne intende lui...». E «meno male che lui è bravo in molti campi e, trovatosi all’improvviso davanti ad un problema, ha tamponato la situazione».

Si vedrà fino a quando l’inquilino di Palazzo Chigi sarà disponibile (o costretto) a guidare pure un dicastero così pesante. In ogni caso, chiarito con Scajola quello che avrebbe definito un «malinteso», in merito alla fiducia personale, il Cavaliere attende celeri risposte. Dai magistrati, ma non solo.

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