Caso Sircana, abbiamo le foto che il Garante ha censurato

Cinque foto che per la procura servivano a ricattare il portavoce del premier. Immagini in possesso del Giornale ma che il Garante della privacy ci impedisce di pubblicare e i lettori non possono vedere. Smentita la tesi del falso scoop. Media in rivolta contro i divieti di Pizzetti. E contro il nostro direttore Belpietro l'Ordine dei giornalisti ha aperto un provvedimento disciplinare. La solidarietà dei lettori: centinaia e centinaia di lettere, mail e fax. Chi è contro. Quello spazio vuoto sulla prima pagina del "Giornale"

Caso Sircana, abbiamo le foto 
che il Garante ha censurato

Milano - Le foto ci sono. Per ora, però, restano in redazione. Ordine del Garante della privacy, diventato più veloce di Schumacher nel momento in cui è esploso il caso Sircana: chi le pubblica verrà denunciato alla magistratura e rischia una condanna da tre mesi fino a due anni. Le foto sono cinque e sono state scattate da qualcuno che ha pedinato il neoportavoce del governo Silvio Sircana.

Il paparazzo ha immortalato Sircana a Roma, ai tavoli del ristorante «Dal Bolognese», ha colto diversi momenti della serata, infine l’ha seguito e ha catturato quell’ultima immagine oggetto dell’intercettazione pubblicata mercoledì dal Giornale: l’auto ferma in una strada della capitale, un transessuale sul ciglio della via. Max Scarfone, il presunto autore, ora nega. Ha dato una collezione di interviste per dire che lui scherzava al telefono con Fabrizio Corona. Dunque, quelle istantanee le ha scattate qualcun altro? Oppure sono un parto collettivo, opera di due o più fotografi? Domande. Quesiti che dev’essersi posto anche il pm di Potenza Henry John Woodcock che parla dell’episodio nella richiesta di arresto di Corona. Le foto ci sono. Eccome. Anche se qualche giornale ha seminato dubbi, punti di domanda e pure qualche insinuazione.

Ma, per ora, il servizio non finirà in pagina. Il testo del Garante Franco Pizzetti, approdato già ieri sulla Gazzetta ufficiale, vieta la diffusione di «dati personali che si riferiscano a fatti e condotte private che non hanno interesse pubblico o eccedenti rispetto all’essenzialità dell’informazione» o attinenti «a particolari della vita privata delle persone in violazione della tutela della loro sfera sessuale». Il provvedimento, come rimarca lo stesso Garante, è cucito addosso all’inchiesta di Potenza e al caso Sircana.

Dunque, il Giornale non pubblicherà quelle immagini. E dovrà calibrare tutte le parole per evitare di violare la sfera privata di questo o quel personaggio. Certo, è difficile tracciare una linea di confine netta e infatti lo stesso Pizzetti chiede la collaborazione dei giornalisti. Ma aggiunge che un primo invito a giugno era caduto nel vuoto: allora erano state pubblicate altre intercettazioni, relative a casa Savoia. C’erano state proteste, polemiche, reazioni indignate e si era riaperto per l’ennesima volta il dibattito sulla libertà di stampa e sui suoi limiti.

Oggi il Garante ha chiuso i rubinetti dell’informazione. Una mossa liberticida? «Da oggi la stampa italiana è meno libera - nota Information Safety and Freedom, associazione per la libertà di stampa nel mondo -, le nuove norme riducono la libertà di informazione e la sottomettono al rispetto di criteri soggettivi molto simili ai meccanismi censori in vigore nei regimi autoritari».

Critica anche l’Unione nazionale cronisti italiani: «Il Garante per la privacy ha preso a pretesto un episodio circoscritto, sul quale peraltro indaga la magistratura, per fare di ogni erba un fascio e per imporre un ulteriore giro di vite all’informazione, ricorrendo a sanzioni da galera finora mai applicate. Chi sbaglia fra i cronisti paga, chi ingiuria e diffama commette reato, ma è liberticida - prosegue l’Unci - mettere alla gogna un’intera categoria, imbavagliare e intimidire chi compie il proprio dovere a suo rischio e pericolo. Non può essere il Garante a stabilire confini sulla correttezza dell’informazione sul diritto di cronaca e piantare paletti sulla libertà di stampa tutelata dalla Costituzione». E il segretario generale della Federazione nazionale della stampa italiana Paolo Serventi Longhi punta il dito contro i tempi dell’intervento: «È peraltro singolare che dal Garante vengano provvedimenti così drastici soltanto quando essi riguardano personalità del mondo politico».

Una contestazione che Mauro Paissan, componente del Garante, respinge al mittente: «È gratuitamente offensiva l’accusa che ci saremmo mossi solo in seguito a un caso che coinvolgeva un personaggio politico».

Da Torino infine Pizzetti prova a ricucire il rapporto con il mondo dell’informazione: «Non c’è alcuna censura, non stiamo puntando il dito contro i giornalisti, stiamo solo dicendo ai giornalisti di applicare il loro codice deontologico e io sono convinto come costituzionalista prima che come presidente dell’Autorità che il difensore della libertà di stampa è prima di tutto il giornalista».

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