Roma - Atteggiamenti "sconci" e "dall’inequivoco contenuto sessuale" tenuti in classe di fronte agli studenti costano al professore la perdita del proprio posto di lavoro. Lo si evince da una sentenza con cui la Cassazione ha confermato la destituzione dal servizio inflitta, dopo un procedimento disciplinare, ad un docente di Diritto ed Economia che prestava servizio presso una scuola di Matera.
la sentenza della Cassazione A denunciarlo era stata la preside della scuola, sulla base di fatti che le erano stati riferiti da numerose alunne della quinta classe, le quali avevano reso note le "attenzioni fisiche e allusioni sessuali", le "palapazioni corporee maldestramente celate" tenute nei loro confronti dal professore, il quale faceva anche "discorsi ed atteggiamenti turpi" in coincidenza delle lezioni o in occasione di manifestazioni scolastiche svolte in ambienti esterni. L’uomo, si legge nella sentenza 12.848 della Sezione Lavoro della Suprema Corte, era stato anche sottoposto ad un processo penale, terminato con sentenza di patteggiamento. A suo carico, dunque, era stata disposta un’ispezione, conclusasi con il decreto ministeriale di destituzione dal servizio.
Contro tale decisione del Consiglio Nazionale di Disciplina della Pubblica Istruzione, il docente aveva presentato ricorso presso il Tribunale del Lavoro, chiedendone l’annullamento e sottolineando "l’insussistenza dei presupposti di fatto richiesti ai fini dell’irrogazione della sanzione espulsiva, ma il Tribunale di Matera e la Corte d’Appello poi avevano rigettato i suoi appelli". Anche la Cassazione ha condiviso i verdetti dei giudici di merito e rigettato dunque il ricorso del professore.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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