Castelli: "A Napoli troppe toghe militanti"

L’ex Guardasigilli: "Lì domina l’orientamento di sinistra tra magistrati. Lepore? Avevo qualche riserva. Mi dissero che era bravo perché aveva rapporti cordiali coi colleghi. Forse non sa reggere la pressione"

Roma - Roberto Castelli toglie per quindici minuti la cerata da velista e rimette i panni da Guardasigilli, il duro mestiere («“Lo sai che ti metteranno in galera?” mi disse Bossi prima che mi nominassero») da lui svolto per cinque anni. «Sono qui in mezzo a una folla straboccante, a Trieste, davanti a un tramonto spettacolare, e lei mi chiede di Lepore?».

Abbia pazienza viceministro, le interrompiamo i preparativi della Barcolana solo per qualche minuto.
«Va bene, ma basta che non mi faccia parlare del pm Woodcock. L’ultima volta che ho espresso un giudizio sui suoi metodi di indagine mi ha querelato».

Ecco. E come è finita?
«Ho vinto io la causa. Ma mi sono dovuto pagare le spese legali. Basta, non dico nient’altro. In Italia c’è una serie di personaggi che appena parli ti querelano. Solo che se, per esempio, ad Annozero Travaglio insulta me e io lo querelo paga la Rai, se mi querela lui e vince, pago io..».

Torniamo a Napoli. Giandomenico Lepore, procuratore capo, le ricorda qualcosa?
«Nel 2004 il Csm propose il suo nome per la sostituzione di Agostino Cordova, un magistrato noto per il suo carattere difficile, uno che non prendeva ordini da nessuno...».

E lei si oppose a quella nomina.
«Feci delle obiezioni, chiesi un supplemento di indagine al Csm perché non mi tornavano i conti».

Quali conti?
«Il Csm motivava la sostituzione di Cordova, un procuratore capo che aveva fatto un enorme lavoro a Napoli, dicendo che non era un bravo organizzatore. Allora chiesi: dimostratemi che Lepore è un bravo organizzatore, visto che avete defenestrato Cordova per quello».

Glielo dimostrarono?
«In un modo incredibile, ma che è agli atti ufficiali. Dissero che siccome era in grado di intrattenere rapporti molto cordiali con i colleghi, per questo aveva dimostrato “eccezionali capacità organizzative”. Così, testuale. Ovviamente non mi bastò e chiesi più informazioni sul loro candidato».

Poi però lei controfirmò la nomina di Lepore.
«Beh, come è noto in Italia il ministro della Giustizia non conta un bel niente. Per Costituzione fui obbligato a firmare. Ma guardi, io non ho nulla contro Lepore, penso che sia una brava persona...»

Però?
«Forse anche lui non è in grado di resistere alla mega-pressione che i suoi procuratori gli fanno. Teniamo conto che alla Procura di Napoli, almeno per quanto ricordo io, c’era un’atmosfera pesantissima, una pressione fortissima dei pm militanti sui procuratori capo. Cordova veniva sempre da me a sfogarsi per questo».

A Napoli c’è una procura militante?
«Questo non voglio dirlo, e poi parlo di quando facevo il ministro io, ora non so. In quegli anni a Napoli dominava certamente l’orientamento di sinistra tra i pm».

Ma che idea si è fatto di questa inchiesta sul «Giornale»?
«Io penso che se non è un attentato alla libertà di stampa questo allora vorrei sapere cos’è. Voglio dire, o noi stabiliamo delle regole uguali per tutti o riconosciamo che c’è un’azione sistematica di una parte della magistratura contro una certa parte politica. Poi questo mi sembra un caso un po’ particolare».

Un po’ particolare nel senso un po’ campato in aria?
«Non mi faccia dire, sennò mi querelano un’altra volta. Uno può dire che c’è la controfirma del procuratore capo, quindi c’è un avallo. Ma appunto, io ricordo l’atmosfera della Procura di Napoli, pressioni di natura politica... Basta non dico altro».

C’entra qualcosa anche il protagonismo di certi pm, le indagini su personaggi famosi, giornalisti, star della tv?
«Beh, questo è agli atti, lo vediamo tutti. Il caso di Vittorio Emanuele è di questi giorni. Un uomo, chiunque esso sia, siccome è famoso viene sottoposto al ludibrio di tutta l’opinione pubblica, anche con pubblicazione di cose molto private, e poi tutto finisce in una bolla di sapone. Uno viene rovinato, viene distrutto nella reputazione e poi ti dicono: scusa ci siamo sbagliati».

Cosa si può fare?
«Io lo avevo fatto nella mia riforma. Un pm fa carriera nella misura in cui le sue indagini hanno successo, se invece le sue inchieste costano milioni e si concludono in un nulla di fatto, niente carriera. Poi con Mastella hanno cancellato tutto. Peccato».

E invece ora come fanno carriera i magistrati?
«Con le decisioni del Csm, che è sempre stato dominato dalle correnti.

Questa volta però abbiamo dato un piccolo colpo perché, grazie alla mia riforma delle elezioni, un giudice indipendente è riuscito a farsi eleggere al Csm, e quindi sarà indipendente nelle varie decisioni che prenderà il Csm. Ma sulla giustizia ce n’è ancora da riformare...».

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